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Ferragnez: i neologismi Treccani e chi non ha capito che cosa sono

Ogni poche settimane su tanti giornali si trova un conato collettivo: “La Treccani ha sdoganato [parola X]”, quando invece non è la volta dell’Accademia della Crusca che ha aperto la porta al barbaro. Ne parlano articoli e commenti impastati d’indignazione: ma come, questi istituti dovrebbero proteggere la lingua da certi orrori e invece li accolgono? Ecco, chi scrive cose del genere dimostra di non aver capito la questione su diversi livelli. Cerchiamo di vederli insieme.
A cura di Giorgio Moretti
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L'Istituto Treccani, sul suo sito, ha un magnifico osservatorio sui neologismi, organizzati alfabeticamente e di settimana in settimana. I neologismi (etimologicamente, ‘nuove parole') sono quelle formazioni che sono emerse di recente in una lingua, di cui non si può predire la vitalità sul lungo periodo e che cionondimeno un'istituzione scientifica ha tutto l'interesse a registrare per tempo. In un caso come quello di Treccani, la registrazione è pubblica, e chiunque non solo può leggere liberamente le attestazioni dei neologismi, ma leggendo per esempio una parola nuova su una rivista può segnalarla con un apposito modulo.

La Treccani, qui, non inventa né accoglie parole nuove: prende atto del loro uso e le registra. Il parametro che vale la registrazione è l'uso; non si parla dell'uso nel commento che ho scritto sotto un post di Facebook a mio fratello, ma di un uso accorto, da parte di un giornalista, di un autore. Treccani non le registra in questa fase sul Vocabolario, non le registra sull'Enciclopedia: le registra in una sezione apposita. Per entrare in un dizionario, una parola deve dare prova di essere stata usata per un certo periodo, con una certa intensità, con un certo profitto, e con la convinzione di star usando una parola legittima dalla comunità di chi parla una certa lingua. Alcuni neologismi restano confinati in un uso limitatissimo e muoiono presto, altri invece prendono piede per i secoli a venire: parole come ‘burocrazia' (in francese), ‘precipitevolissimevolmente', ‘defenestrare' (in latino), ‘pandemonio' (in inglese) sono state letteralmente coniate.

Il Libro dell'anno 2018

La non-notizia è che Treccani pubblica un libro, il Libro dell'anno 2018. Niente di nuovo, il Libro dell'anno è un'istituzione, ha un direttore scientifico (Riccardo Chiaberge), e a differenza di quanto sembra emergere da tanti articoli scritti con poca cognizione, non raccoglie solo neologismi, ma si diffonde sui fatti che hanno scandito l'anno trascorso, sui temi che lo hanno caratterizzato in modo più pregnante, sui personaggi che lo hanno segnato. Il fatto che incluso nel libro, insieme ad altri neologismi raccolti via via, ci sia il termine ‘Ferragnez‘, unione di Ferragni e Fedez, è direttamente implicato dall'intento di parlare dell'anno passato. Il senso di scandalizzarsi davanti a un fatto del genere è inafferrabile. O meglio, è spiegato dalla fame di indignazione a cui viene dato spazio a discapito dell'intelligenza: ho così tanta voglia, sono così eccitato dall'idea di poter dire una volta di più che stiamo finendo nel baratro che scrivo e condivido idiozie, affermazioni approssimative che sono intellettualmente molto al di sotto della crasi Ferragnez e appena uno scalino sopra a chi attacca la Crusca perché con la sua mancanza di rigore imbastardisce l'italiano.

Le nuove parole dei dizionari

Se si vuole sapere quali sono le nuove parole ad essere state accolte nei dizionari, si devono cercare ad esempio le notizie riguardo allo Zingarelli, che di edizione in edizione le elenca e spiega in maniera molto ricca (ci sono centinaia di articoli a riguardo). E non si pensi che siano solo termini inglesi, o che parlano solo di tecnologia e nuove professioni! Fermo restando che anche l'accoglimento non in un libro su un certo anno, ma in un vero vocabolario, ha un peso relativo: descrive una tendenza d'uso di un termine che gli studiosi curatori del dato dizionario ritengono, per la sua rimarchevole ricorrenza, meritevole di una spiegazione pronta. E per contro ne vengono via via escluse quelle che non s'incontrano più. I vocabolari non sono la lingua, sono strumenti, e coloro a cui non è chiaro sono forse persone che non li frequentano molto.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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