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Con “Hamlet Travestie” di Punta Corsara Shakespeare incontra la farsa

Dopo due anni di tournée in tutta Italia e il traguardo appena raggiunto delle 50 repliche torna a Napoli “Hamlet Travestie” lo spettacolo della compagnia napoletana Punta Corsara, in scena al Teatro Bellini fino a domenica 13, che unisce con il linguaggio della farsa Shakespeare e Antonio Petito.
A cura di Andrea Esposito
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© Lucia Baldini
© Lucia Baldini

Dopo due anni di tournée in tutta Italia e il traguardo appena raggiunto delle 50 repliche torna a Napoli “Hamlet Travestie” lo spettacolo della compagnia napoletana Punta Corsara, in scena al Teatro Bellini fino a domenica 13. Un gruppo di lavoro che, emancipatosi dal recinto protetto della “giovane compagnia nata insieme al progetto per la costruzione dell’Auditorium di Scampia”, è ormai una realtà professionale che non teme confronti e che, oltre al numeroso pubblico che riesce a coinvolgere, in questi anni ha fatto incetta di premi un po’ ovunque: dal Premio Speciale Ubu e Premio Hystrio nel 2010 fino al Premio della Critica 2014 e il premio al festival I Teatri del Sacro nel 2015.

“Hamlet Travestie”, che ha debuttato in prima nazionale al festival Primavera dei Teatri di Castrovillari nel 2014, è il frutto di un articolato lavoro drammaturgico realizzato dal regista e attore del gruppo Emanuele Valenti e dall’attore Gianni Vastarella con la collaborazione di Marina Dammacco. Insieme hanno ripreso una parodia settecentesca dell’originale scespiriano a firma dell’inglese John Poole, contaminandola con un testo della tradizione napoletana – pratica non nuova per la compagnia – il “Don Fausto” di Antonio Petito.

Ma tutte queste suggestioni, l’Amleto di Shakespeare, la parodia di Poole, il “Don Fausto” di Petito, non servono banalmente a comporre un testo collage, ma è il punto di partenza per una storia a noi contemporanea che ha per protagonista una sgangherata famiglia napoletana, i Barilotto, alle prese con vicende che hanno come comune denominatore la sopravvivenza.

I debiti da pagare a uno strozzino che minaccia ritorsioni, un figlio che chiamandosi Amleto è convinto di essere il principe di Danimarca e che per guarire viene messo nella mani di un certo Don Liborio, chiamato da tutti O’ Prufessore, il quale suggerisce di riprodurre alcune delle scene dell’Amleto di Shakespeare per esorcizzare la malattia del ragazzo. Insomma, un insieme di situazioni comico farsesche in cui viene inscenata persino l’apparizione dello spettro ad opera di tre improbabili personaggi e il suicidio di Ofelia a cui si presta Ornella, figlia di Don Liborio e fidanzata del giovane.

Dal punto vista della messinscena “Hamlet Travestie” è un affresco vibrante, colto e divertente, centrato su personaggi estremamente connotati che si muovono in un ambiente spoglio, privo di inutili orpelli scenici. Il testo gioca con il linguaggio della farsa per restituirci uno spaccato tutt’altro che allegro e consolatorio: affrontando Shakespeare con un approccio solo apparentemente irrispettoso, infatti, lo spettacolo riesce nella difficile impresa di coniugare critica sociale, mai retorica e stucchevole, con la commedia fino ad arrivare a un epilogo in cui la follia di Amleto esplode al punto da fargli compiere un vero omicidio, quello dello strozzino a cui la famiglia deve molti soldi. Ed è proprio qui che la farsa cede il passo alla realtà, quella della camorra, da cui la famiglia è costretta a fuggire per evitare ritorsioni. Una storia volutamente esagerata, per uno spettacolo coloratissimo che non ha bisogno di alcun vezzo autoriale né di soluzioni studiate a tavolino per disegnare scenari realissimi e spesso molto amari. Un grande plauso a tutti gli attori, bravissimi.

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