2.401 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Asta all’Istituto Italiano di Studi Filosofici: così Napoli si svende al miglior offerente

Il prossimo 30 ottobre si terrà la seconda vendita dell’asta ordinata dal tribunale di Napoli all’Istituto Italiano di Studi Filosofici. I debiti vanno pagati, dunque è necessario vendere una parte dell’immensa collezione libraria per restituire ai creditori quanto spetta loro. Volumi antichissimi, un pezzo di memoria culturale che sta per essere chiuso per sempre al pubblico: una sorte vergognosa, quella dell’Istituto, esempio di una società dove la cultura, a qualsiasi livello, non conta più.
A cura di Federica D'Alfonso
2.401 CONDIVISIONI
Immagine

Lo scorso gennaio il tribunale di Napoli ha notificato la messa all'asta di alcuni volumi antichi appartenenti all'immensa biblioteca dell'Istituto Italiano di Studi Filosofici. La vendita è finalizzata al pagamento di una piccola parte dei 13 milioni di euro di debiti che ormai da anni soffocano questa prestigiosa istituzione. Sono note le vicende che hanno portato allo sfratto dell'immensa biblioteca, e all'abbandono degli oltre 300 mila volumi in tanti scatoloni in un magazzino di Casoria. E ora sedici di questi, tutti editi fra il XVI e il XIX secolo, sono all'asta per un valore materiale stimato di venticinque mila euro. Una stima monetaria minima, se confrontata con il valore culturale e storico di questi volumi: nella lista dei libri da vendere compare un'edizione della "Gerusalemme liberata" di Tasso del 1888, un volume di medicina risalente al 1686 e uno di chirurgia addirittura del Cinquecento, oltre che un'edizione degli "Elementi di Metafisica" di Antonio Genovesi del 1760. Vendere al miglior offerente: è davvero questa l'unica soluzione possibile? È questa l'ultima strada che è rimasta da percorrere dopo anni di promesse? Domande legittime, niente affatto retoriche, di chi si è formato anche grazie all'Istituto di Studi Filosofici e che non sa quale futuro immaginare, a questo punto.

Mettere opere del genere all'asta non vuol dire soltanto privare la ricerca di una risorsa fondamentale come quella della libera accessibilità ai materiali: il destino di un libro battuto all'asta è infatti, il più delle volte, quello di finire in una collezione privata, magari estera, divenendo in questo modo difficilmente raggiungibile dagli studiosi. Mettere all'asta una parte così importante della memoria storica di un paese vuol dire rinnegarla, peggio ancora, far sì che prima o poi questa memoria venga dimenticata. Generazioni di studenti di filosofia si sono arrampicate per quella stradina che da Piazza del Plebiscito, il cuore della napoletanità, porta al Palazzo Serra di Cassano, anche solo per girare fra le sale stuccate, immaginando che quel passato potesse valere qualcosa per il loro futuro. Gli studenti di domani non sapranno neanche che Napoli una volta era custode di inestimabili tesori come i libri di Giordano Bruno o di Giambattista Vico; chi invece lo ricorderà, chi in quelle sale ha studiato, non potrà fare a meno di sentirsi sconfitto, definitivamente.

Nel 1946 Benedetto Croce parlava di un'imminente ed inesorabile fine della civiltà: non un cambiamento, né una fine che preannuncia un nuovo inizio, come poteva essere stato per l'impero romano, dalle cui ceneri era nata la civiltà cristiana a sua volta divenuta laica, e poi umanista ed illuminista. La fine della civiltà che racconta Croce è una fine più tragica, desolante e definitiva: essa è "la rottura della tradizione", lo spezzarsi di quel filo d'Arianna che è sempre presente in tutte le Storie passate e che si chiama "cultura". Quella raccontata da Croce è una storia lunga, complicata per certi versi perché ideale e filosofica, ma che spiega bene ciò che sta accadendo a Napoli.

L'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici nasce esattamente 40 anni fa, voluto fortemente dall'avvocato Gerardo Marotta e costruito, pagina dopo pagina, intorno ad una biblioteca umanistica che all'inizio contava "solo" centomila volumi. Nei corridoi del Palazzo Serra di Cassano hanno camminato personalità come Karl Popper, Hans Georg Gadamer e Rita Levi Montalcini. Seminari di fisica e biologia, oltre che di letteratura e filosofia, borse di studio, ricerca internazionale e un'ampia attività editoriale che ha portato alla pubblicazione di importanti edizioni critiche di testi di filosofia greca, moderna e contemporanea. Nel 1993 l'Unesco riconosce a Napoli una dimensione di rinascita intellettuale che non ha pari nel mondo: "L'istituto organizza corsi e colloqui ovunque nell'Europa occidentale, pubblica opere in sei lingue, antiche e moderne, contribuendo a fare della sua città una vera capitale culturale".

E poi, il declino. Un declino che sembra andare di pari passo, quasi fosse la conseguenza più logica, all'avanzata di una società che dimentica pian piano se stessa perché attenta a guardare ad altro. Ai conti, al profitto, ad un tornaconto economico immediato ma spogliato di qualsiasi utilità civile. A Napoli ci sono ben altri problemi, più gravi certo, e dare la priorità ad un Istituto di ricerca storico filosofica sembra essere quasi uno schiaffo alle politiche sociali necessarie: dall'agenda si depenna l'esigenza di sostenere la cultura, come se la cultura e il suo libero uso che si sta perdendo via via non fosse parte integrante di quella stessa situazione di degrado sociale contro cui si combatte solo a colpi di tagli, debiti e conti da pagare. Ma davvero un'altra soluzione non c'è? Davvero, in anni e anni di incertezze, una soluzione concreta, alternativa alla svendita, non si è trovata?

Napoli ha vantato per secoli un'autonomia intellettuale che non aveva pari nel resto del mondo: da qui sono passati Giordano Bruno, Tommaso Campanella, qui si è combattuto fino alla morte per una Repubblica ideale e libera nata, ironia della sorte, proprio in quei palazzi di via Monte di Dio. Ad insegnarcelo sono quegli stessi libri chiusi da anni nei depositi. Libri che hanno anche insegnato alla nostra generazione che è impensabile, inconcepibile per qualsiasi società, rifiutare l'idea di investire su questo tipo di risorse, soltanto perché il risultato non è immediatamente incassabile. Ma è un risultato che c'è, e che c'è stato: pensate soltanto a quante persone passerebbero per Napoli con centri di studio internazionali come l'Istituto, quanti fra un convegno e l'altro si concederebbero un caffè o una visita a Palazzo Reale, per fare gli esempi più banali. E pensate a quanti nuovi studenti guarderebbero la città con la voglia di viverla attivamente, e non di fuggirla.

Dal 2009 l'Istituto verte in uno stato di estrema difficoltà economica, da quando l'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti, convinto che "con la cultura non si mangia", taglia i fondi che Carlo Azeglio Ciampi aveva deciso di stanziare per l'Istituto di Palazzo Serra di Cassano. Tranne qualche raro finanziamento privato, le attività che ruotano intorno all'immensa biblioteca vengono mantenute grazie all'impegno anche economico dello stesso Marotta. Nel 2009 si autorizza l'acquisto di alcuni locali che ospiteranno la biblioteca per una spesa di 5 milioni di euro, ma nel 2010 la nuova giunta Caldoro blocca tutto, fino al 2011, quando si dà di nuovo un via libera che non verrà mai concretizzato. Lentezze burocratiche, fondi ipotizzati e mai stanziati, tanti progetti per una nuova ed accogliente biblioteca: la storia dell'Istituto di Studi Filosofici è un susseguirsi di promesse istituzionali mai mantenute e di disinteresse totale della città.

Benedetto Croce diceva che quando si rompe con la tradizione, inizia la barbarie. La barbarie inizia quando gli uomini incapaci di innalzare la civiltà, gli uomini inferiori che esistono in ogni società, prendono il potere e

distruggono monumenti di bellezza, sistemi di pensieri, tutte le testimonianze del nobile passato, chiudendo scuole, disperdendo o bruciando musei e biblioteche e archivi. Di ciò gli esempi non occorre cercarli nelle storie remote, perché le offrono quelle dei giorni nostri in tanta abbondanza che perfino se n'è in noi attutito l'orrore.

2.401 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views