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Angelica Liddell: Riccardo III per raccontare la patologia del potere

Angelica Liddell racconta la messa in scena di “El año de Ricardo” rilettura molto personale del Riccardo III di Shakespeare.
A cura di Simone Petrella
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Angelica Liddell in conferenza stampa è una donna minuta, dal sorriso dolce ma teso e con un velo di sofferenza negli occhi.

Drammaturga, regista e interprete, artista tra le più interessanti del panorama contemporaneo, viene rappresentata solo ora in Italia grazie all'interesse di Àlex Rigola, direttore del Festival internazionale del Teatro della Biennale di Venezia. L'artista spagnola porta in scena “El año de Ricardo”, spettacolo ispirato al celebre testo shakespeariano. Il Riccardo III dà alla Liddell l’occasione per indagare la patologia e il bipolarismo nascosti dietro la figura del dittatore, immagine eterna di un potere sfrenato, dedito solo al proprio perverso compiacimento. Come la stessa regista dichiara, l’idea nasce da una sofferenza viva che si trasforma in ossessione e fagocita tutto ciò che l’autrice osserva; nello spettacolo si mescolano così discorsi e suggestioni eclettiche che non scadono mai in un racconto didascalico della realtà contemporanea. Il desiderio distruttivo del Riccardo III di Shakespeare si ingigantisce, l'arte diventa l'obiettivo e il potere che il dittatore prima ostacola e poi vuole ottenere; l'atto creativo viene così trascinato in basso dagli istinti degeneri e dalla superbia del personaggio che cerca di raggiungere una sensibilità troppo lontana da lui.

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El año de Ricardo è costruito su una partitura testuale precisa ed evidente, "un'opera rock" dice l'autrice; parole ripetute in maniera ossessiva ma melodica scandiscono il ritmo a tratti serratissimo dei monologhi di Riccardo. Lo sfinimento del corpo dell’attrice in scena, un corpo sfruttato senza sosta in due ore e mezzo di spettacolo, fa da contraltare alla malattia del protagonista, costretto ad alternare continuamente slanci di entusiasmo maniacale a momenti di abbattimento totale. Lo spettacolo è costruito con dedizione e precisione, Angelica Liddell si fa interprete di una spaventosa gamma di sentimenti umani, espandendo la mostruosità di Riccardo a un mondo intero fatto di soprusi, di genocidi dimenticati perchè non scritti nei libri, di sofferenze personali e universali che si confondono.

I monologhi, scritti sapientemente, toccano i temi universali presenti nel testo originale sfiorando però continuamente argomenti fondanti della crudeltà umana, dal nazismo all'infanticidio; a tratti rimandano a eventi contemporanei per poi prendere derive astratte. La regista ha dichiarato più volte e con forza il suo disinteresse nei confronti del racconto del quotidiano, la sua voglia di mettere in scena qualcosa che, visto tra duecento anni, possa avere sempre lo stesso valore perchè, citando le sue parole, "ci sarà sempre un Berlusconi a ricordarci che Riccardo III esiste".

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Angelica Liddell prende giustamente le distanze dalla definizione di teatro d'avanguardia: il suo teatro è molto più vicino a un'idea di classicità, in cui vengono convogliate le strutture ataviche di quest'arte e messe in dialogo con i grandi maestri del teatro del Novecento. Il risultato è uno spettacolo che pur non avendo nulla di assolutamente innovativo è proprio uno spettacolo che si vorrebbe vedere in teatro al giorno d'oggi.

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