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Caso Uva, i giudici: “Nessuna percossa da parte delle forze dell’ordine”

Le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Assise di Varese ha assolto sei agenti e due carabinieri. L’operaio morì nel giugno 2008.
A cura di Biagio Chiariello
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Lo scorso aprile la corte d’assise di Varese ha assolto i sei poliziotti e i due carabinieri dall’accusa di omicidio preterintenzionale relativa alla morte di Giuseppe Uva. I giudici hanno evidenziato "l'insussistenza di atti diretti a percuotere o a ledere" da parte delle forze dell'ordine, il 43enne morto la notte tra il 13 e il 14 giugno 2008 all’ospedale di circolo di Varese, dopo essere stato portato in caserma.

Secondo i familiari di Uva, l’operaio avrebbe subito violenze da parte delle forze dell’ordine, dopo essere stato fermato assieme all’amico Alberto Biggiogero mentre, ubriaco, spostava alcune transenne nel centro di Varese. La Procura però afferma di non aver riscontrato comportamenti impropri da parte degli indagati. Quindi in caserma non ci fu un pestaggio, ma una crisi di nervi che Uva avrebbe avuto e quella notte, una volta trasportato al comando di via Saffi a Varese. I presunti lividi sul corpo che si vedono in diverse fotografie sarebbero in realtà macchie ipostatiche che ogni corpo ha sul tavolo di obitorio a qualche ora dalla morte. “Continueremo la nostra battaglia” aveva detto Lucia, la sorella di Giuseppe dopo la sentenza di assoluzione. “Finalmente è stata fatta giustizia” aveva detto uscendo dall’aula un carabiniere, Stefano Dal Bosco, assolto assieme agli altri colleghi. “Eravamo tranquilli – aveva proseguito – perché quella notte non è successo nulla e nessuno di noi ha commesso reati. Non poteva andare diversamente”.

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