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Bologna, alle ex officine di FS 300 morti per amianto: “Ci giocavamo come fosse neve”

Giovanni Malagoli, per tutti Luciano, è la vittima di amianto numero 303 tra gli ex operai delle Officine Grandi Riparazioni di Bologna, un impianto con migliaia di lavoratori passati nel corso degli anni, dove veniva effettuata la manutenzione e la riparazione dei treni di Ferrovie dello Stato. “Siamo stati sacrificati in nome del progresso” dice Salvatore Fais, in Ogr fino al 2015. L’impianto è stato dismesso l’anno scorso, ma tra gli ex lavoratori resta la paura che l’elenco dei morti possa ancora salire.
A cura di Beppe Facchini
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Una strage di Stato”. Salvatore Fais, ex sindacalista che per trent’anni ha lavorato nelle ex Officine Grandi Riparazioni di Bologna, non trova altre definizioni per quanto sta succedendo ai suoi vecchi compagni. “Eravamo come una grande famiglia” sottolinea col magone. “Tutti sapevano del rischio che si correva lì dentro. Lì si finiva col prendere la morte. E lo sapevano sia lo Stato che le Ferrovie, ma nessuno ha fatto niente”.

“Le Ogr erano delle officine di manutenzione di Ferrovie dello Stato e negli anni ’70, purtroppo, qui veniva fatta la lavorazione utilizzando l’amianto senza le dovute precauzioni” spiega Andrea Caselli, sindacalista della Cgil e presidente regionale dell’Associazione Familiari e Vittime dell’Amianto. Secondo Fais, che da sempre porta il conto degli ex operai morti, collezionandone persino i santini con lo scopo di non far perdere le tracce di quanto accaduto, la cifra attuale è impressionante: 303. L’ultimo ad aggiungersi alla lista, a fine gennaio, è stato Giovanni Malagoli, per tutti Luciano. Aveva 76 anni, in Ogr faceva il saldatore. “Eravamo in 1.072 e nel capannone, di 18.000 metri quadri, non c’era neanche un muro di separazione: eravamo tutti esposti alla stessa maniera –dice invece Antonio Matteo, in officina dal 1976 al 2002-, tanto è vero che molti lavoratori che non avrebbero dovuto essere esposti, sono morti di tumore”.

Oltre a verniciatori, saldatori e tutte le altre figure professionali presenti in officina, sono infatti stati riscontrati casi di tumori riconducibili all’esposizione di amianto anche fra le signore che lavoravano alla mensa. E a confermarlo è uno studio epidemiologico di qualche anno fa dell’Ausl di Bologna. La professoressa Antonia Maria Guglielmin, che ha preso parte alla ricerca, spiega inoltre che “già negli anno ’60 si sapeva che l’amianto fosse cancerogeno. C’era un’evidenza scientifica forte e una legislazione sull’igiene del lavoro già esistente”. La norma alla quale si riferisce è il Dpr 303 del 1956 e che, fra le altre cose, dà disposizioni ben precise anche per la difesa contro le polveri negli ambienti di lavoro.

“L’amianto noi lo grattavamo con le mani, di inverno ce lo lanciavamo addosso come fossero palle di neve” racconta Antonio Matteo. “Quando è morto il primo lavoratore, un mio caro amico, mi sono sentito tradito dall’azienda. Doveva proteggerci. Invece nessuno ci ha detto che stavamo inalando qualcosa che ci avrebbe portato alla morte”.

“Un datore di lavoro o si informa sui materiali che usa oppure non apre neanche la sua azienda” sbotta invece Noella Bardolesi, vedova da quasi 10 anni del marito Loriano Genovesi, anche lui in Oger per trent’anni. “Era contento del suo lavoro, quello in Ferrovie era un posto ambito, si entrava per concorso” ricorda Bardolesi, autrice qualche anno fa di un libro-diario intitolato “Silenzio, non si deve sapere”.

Preoccupati più della ingente presenza di polvere in sé che sugli effettivi rischi causati a lungo termine dall’amianto, i lavoratori delle Officine Grandi Riparazioni, già dal 1978, hanno cominciato ad alzare la voce in nome di maggiore sicurezza. Dopo la prima vertenza di quell’anno, qualcosa è cambiato. E da Ferrovie dello Stato, pur senza rilasciare ulteriori dichiarazioni sulla questione Ogr, ricordano infatti che “FS è stata una delle prime aziende italiane, se non la prima in assoluto, a farsi carico, già a cavallo degli anni ‘70 e ‘80, del problema amianto. L’azienda ha infatti adottato autonomamente determinate procedure per contenere il rischio amianto in anticipo di 15 anni rispetto all’entrata in vigore della prima legge in materia (Legge 257 del 1992), emanando già a fine anni ‘70 le disposizioni per l’adozione di specifiche misure di tutela dei lavoratori all’interno delle officine. Dagli anni ‘90 – continua la mail di risposta alle nostre domande – l’amianto non è stato più utilizzato nella costruzione di nuovi treni. Per le carrozze realizzate in precedenza, FS Italiane ha avviato un piano di bonifica permettendo di eliminare l’amianto su tutti i treni utilizzati per il trasporto delle persone. È necessario, inoltre, sottolineare che l’amianto non ha mai rappresentato un pericolo per i viaggiatori visto che era inglobato in un impasto in matrice vinilica, oltretutto confinato e isolato con adeguate pannellature”.

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Nel 1992, come già ricordato, una legge dello Stato ha bandito l’amianto, mentre i capannoni delle officine bolognesi sono state dismessi progressivamente fino all’estate del 2018. Nel frattempo, i familiari e gli ex compagni delle vittime non si sono mai fermati nella loro battaglia, ottenendo in gran parte dei casi dei risarcimenti in sede civile. Dal punto di vista penale, invece, le cose si sono sempre rivelate più complicate del previsto, pur essendoci stati processi.

Ma chi è il colpevole?” continuano a domandarsi gli ex operai, preoccupati anche perché "ogni giorno, al primo colpo di tosse, pensi di essere il prossimo" e convinti, inoltre, che il numero delle vittime sia ancora più alto rispetto a quello finora ipotizzato, visto che al loro fianco, nel corso del tempo, hanno lavorato anche dipendenti di cooperative esterne e persone originarie di altre zone del Paese, delle quali si sono ovviamente persi i contatti. In attesa di trovare risposte, Salvatore Fais, che nel corso degli anni ha collezionato anche oggetti, foto e tantissimo altro materiale di quella “grande famiglia” delle ex Ogr, spera che almeno non venga cancellata la memoria di quanto accaduto a Bologna. E per questo, insieme a FS e alla Regione, spera di far diventare realtà un museo dedicato alla strage silenziosa dell’amianto alle ex Officine Grandi Riparazioni. Sperando che nel frattempo l'elenco delle vittime non si allunghi ulteriormente.

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