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Rom e scuola: un business milionario sulla pelle dei bambini

Il business a Roma intorno ai campi rom: decine di milioni di euro spesi per la scolarizzazione dei bambini, che però non ne traggono alcun beneficio. Denaro che finisce in mano a imprese e associazioni.
A cura di Davide Falcioni
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La storia di Leonarda, ragazza rom di 15 anni prelevata dalla polizia francese mentre era in gita scolastica e rimpatriata forzatamente in Kosovo, ha sollevato il velo sulle modalità con le quali in Francia si affronta oggi la questione dei rom, popolo che la stessa Amnesty International considera tra i più discriminati d'Europa e che subì deportazioni e stermini durante il regime nazista. Migliaia di giovani studenti di Parigi sono scesi in strada e hanno protestato contro il provvedimento, rivendicando sostanzialmente una cosa su tutte: il diritto allo studio è universale e non può fare distinzioni etniche. Per un giorno i giovani francesi hanno rispolverato quel motto che campeggia all'ingresso delle loro scuole: liberté, egalité, fraternité. Tre parole figlie della Rivoluzione Francese e di una visione del mondo laica e attenta ai diritti civili.

Ma in Italia come stanno le cose per i giovani rom? Quale è il loro grado di scolarizzazione? Secondo la Commissione Europea le condizioni socio-economiche delle popolazioni romanì sono di gran lunga peggiori di quelle del resto della popolazione. I numeri parlano chiaro. I rom sono una popolazione giovane: il 37,5% ha un'età inferiore a 15 anni, a fronte di una media del 15,7% per la popolazione complessiva dell'UE. Solo il 42% dei bambini rom completa la scuola primaria, rispetto a una media europea del 97,5%. Per l'istruzione secondaria, la frequenza dei rom è stimata ad appena il 10%. Secondo la Commissione "gli stati membri dovrebbero garantire che tutti i bambini rom, sedentari o no, abbiano accesso a un'istruzione di qualità e non siano soggetti a discriminazioni o segregazioni". Ebbene, a Roma le indicazioni della Commissione Europea sono ampiamente disattese.

IL PIANO NOMADI – Nel maggio 2008 il Governo Berlusconi dichiarò lo Stato d'Emergenza per le popolazioni nomadi presenti in Italia: un provvedimento regolato dal diritto internazionale (articolo 4 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici dell'Onu) al quale si può fare ricorso solo in caso di grave pericolo per la nazione (catastrofi naturali, disordini civili o guerre). Per la prima volta venne applicato a una minoranza etnica. A Roma Gianni Alemanno cavalcò decisamente l'onda dell'omicidio Reggiani e presentò il Piano: un progetto che prevedeva il trasferimento dei rom residenti nei campi abusivi della Capitale in altre strutture autorizzate dal Municipio. L'operazione sarebbe costata 34milioni di euro (fonte: prefetto di Roma) e avrebbe coinvolto oltre 6mila persone. Si cominciò il 19 gennaio del 2009 con il Casilino 900, il più grande campo rom d'Europa: potete vedere in questo documentario come andarono le cose. I suoi oltre 700 abitanti vennero trasferiti in gran parte nel Campo Attrezzato di Via di Salone: un luogo lontano chilometri dal primo centro abitato, dove i cittadini rom vennero introdotti facendo leva sulle loro speranze: sindaco e prefetto, infatti, promisero a tutti una sistemazione dignitosa, addirittura la possibilità di accedere alle graduatorie per l'assegnazione di case popolari se avessero accettato, per pochi mesi, il disagio di vivere nel campo attrezzato.

Da allora le cose non sono cambiate. Malgrado il Consiglio di Stato abbia sentenziato l'illegittimità dell'Emergenza Nomadi, i romanì sono ancora tutti nei "campi attrezzati". Tra loro centinaia di bambini il cui accesso alla scuola è pesantemente compromesso.

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LA SCOLARIZZAZIONE – Che futuro può esserci senza un'istruzione minima adeguata? Con ogni evidenza, un bambino cresciuto in un campo rom ha una speranza di riuscire a "risalire la china" estremamente bassa. La mobilità sociale, nelle famiglie rom dei campi (attrezzati e abusivi), è una chimera. A dimostrarlo è un report realizzato dall'Associazione 21 Luglio, che ha preso in esame la situazione di un campo attrezzato della Capitale, ovvero di proprietà del Comune di Roma. L'indagine, iniziata il 1° novembre 2010 e conclusa il 19 luglio 2011, è stata condotta attraverso l'osservazione diretta, le interviste in profondità e la raccolta di documentazione per l‟analisi storica e statistica. E' tutt'ora valida perché il cambio di amministrazione e l'arrivo di Marino al Campidoglio non ha minimamente intaccato lo stato delle cose.

A fronte di un costo – per il biennio 2009-2011 – di 2.084.360 euro (come risulta dal capitolato Affidamento per la realizzazione di un progetto di scolarizzazione per minori appartenenti alle comunità rom dei 7 villaggi attrezzati) i risultati possono essere considerati scadenti. "L‟indagine – recitano le conclusioni del report – svolta su alcuni aspetti del percorso scolastico di un gruppo di bambini rom residenti nel villaggio attrezzato di via di Salone a Roma ha permesso di riscontrare alcuni elementi di differenziazione tra alunni rom e non rom: ritardi da parte dei bambini rom nel raggiungimento delle scuole e uscite anticipate degli stessi, diverso livello di apprendimento degli alunni rom, emarginazione e distanza sociale dei bambini rom, classi composte solo da alunni rom, accompagnamento tramite scuolabus utilizzato esclusivamente per i bambini rom, segregazione abitativa delle famiglie rom, utilizzo di specifici indicatori della frequenza scolastica degli alunni rom".

Gli stessi insegnanti testimoniano il problema. "Il bambino rom – dice un professore – arriva sempre in ritardo, alle 9.30 ed esce prima, alle 12.30. Il risultato è  che ci sono delle materie di cui non sa nemmeno l‟esistenza e ci sono professori che non lo conoscono. Nella migliore delle ipotesi questi bambini perdono 10 ore a settimana! Il diritto allo studio viene violato".

Ora facciamo un esperimento. Parafrasando il professor Leonardo Piasere – docente di antropologia dell'Università di Verona e tra i principali esperti italiani delle popolazioni romanì – provate a sostituire la parola "ebreo" o "nero" ogni volta che avete letto la parola "rom". "Diversi livello di apprendimento degli alunni ebrei, classi composte solo da alunni ebrei, scuolabus utilizzato esclusivamente per i bambini ebrei…". Che effetto fa?

SEGREGARE COSTA – Non siete ancora convinti? Come spiegato tutte le operazioni effettuate sulla pelle dei rom non hanno prodotto risultati apprezzabili, ma in cambio hanno avuto costi altissimi: costruire nuovi campi, foraggiare le associazioni, dare alla luce progetti di "inclusione", sgomberare i campi "abusivi", demolire le case… Tutto ciò ha avuto un prezzo: tra il 2005 e il 2011 – secondo il dossier Segregare Costa dell'associazione Lunaria – la cifra spesa dal Comune di Roma è stata tra i 69,8 e gli 86,2 milioni di euro. Il gap tra i due numeri è ampio: il primo risulta dal dipartimento Promozione dei servizi sociali e della salute del Comune, il secondo dalle Relazioni al Rendiconto annuale del Comune (questo, ad esempio, è quello del 2008). Nella prima cifra, infatti, non sono compresi i fondi per la cosiddetta ‘emergenza nomadi’, erogati dal ministero dell’Interno al Comune di Roma e da quest’ultimo trasferiti alla Prefettura: 7,8 milioni di euro nel 2009 e 10 milioni nel 2011. Spiega Lunaria: "Per i circa 7 mila i rom che vivono negli 8 campi attrezzati della capitale e in altri insediamenti sono stati spesi 19,9 milioni di euro tra il 2005 e il 2011 per la gestione dei campi, per effettuare investimenti 12,6 milioni, per gli interventi curati dall’Ama 9,4 milioni e per la bonifica delle aree 8,1 milioni. Altri 6,5 milioni di euro sono stati spesi per ‘Lavori campi', vale a dire gli interventi di manutenzione e 2,4 milioni ‘per servizi vari a sostegno delle famiglie rom'".

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Ma torniamo alla scuola: per raggiungere risultati pessimi, come spiegato in apertura dalla Commissione Europea, sono stati spesi 9,4 milioni circa (tabella sopra) tra il 2005 e il 2011. A questi soldi vanno aggiunti i costi sostenuti per l’estensione delle convenzioni 2005-2008 fino all’emissione dei nuovi bandi avvenuta solo nel 2009. "Solo per gli anni 2010 e 2011 sono stati resi disponibili i dati sulla spesa annuale effettivamente sostenuta – spiega il rapporto -, pari rispettivamente a 1.815.705 euro nel 2010 e 1.983.277 euro nel 2011. A tale spesa vanno aggiunti i costi di trasporto scuolabus, il cui totale non è stato possibile ricostruire".

Insomma, la questione dei rom appare in realtà come un grande business. Decine di milioni di euro di cui beneficiano esclusivamente imprese ed alcune associazioni, ma che di fatto non solo non migliorano le condizioni di vita dei diretti interessati, ma addirittura le peggiorano.

 

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