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Baghdad, i morti sarebbero oltre 300: “Nessuno è uscito vivo, sembrava l’inferno”

È drammatico il bilancio dell’attentato di sabato notte a Baghdad. Il giornalista di askanews Adib Fateh Ali si trovava nella capitale irachena: “Mezz’ora dopo l’attentato ero sul posto, ho parlato con le persone, ho visto la gente scappare e i corpi per terra”.
A cura di Susanna Picone
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Sarebbero oltre trecento le persone rimaste uccise nell’ultimo attentato avvenuto a Baghdad sabato notte. Questo il bilancio fornito dal giornalista di askanews Adib Fateh Ali che si trova nella capitale irachena. Quella di Adib Fateh Ali, curdo iracheno di nascita, è una testimonianza drammatica. È arrivato sul luogo dell’attentato circa trenta minuti dopo l’esplosione e ha detto di aver visto “la gente scappare e i corpi per terra”. “Si sta già parlando di 184 morti ma le autorità irachene tendono a diminuire il numero delle vittime – ha spiegato. Io da fonti del ministero della Salute ho appreso che il bilancio sarebbe di oltre trecento morti. E vedendo la scena dell'esplosione crederei a più di 320”. Il giornalista ha spiegato che l’esplosione è stata potentissima: “Si è trattato di un camion frigorifero bomba. I morti sono morti per lo più per l'incendio; c'è voluta un'ora e più per spegnerlo, sono morti asfissiati dal fumo. In pratica non è uscito nessuno vivo dai due centri commerciali che sono stati sventrati completamente, trasformato tutto in cenere, fumo, una scena surreale. Sembrava il girone dell'inferno”. La cosa più terribile – prosegue la testimonianza del reporter – “è stato questo odore di carne viva che lacerava l'anima oltre a quello del fumo che lacerava i polmoni”. In merito alle modalità dell’attentato, secondo Adib Fateh Ali è evidente la voglia di uccidere quanta più gente possibile: “Nei centri commerciali nei periodi di Ramadan la sera i ragazzi escono a prendere una boccata d'aria, a prendere un gelato: vivono di notte. Questo è un quartiere di sunniti e sciiti, dove c'erano una volta anche i cristiani che purtroppo non ci sono più”, ha spiegato affermando che il quartiere per il terzo anno consecutivo, nello stesso periodo, per il 27esimo giorno del Ramadan viene puntualmente colpito.

Il giornalista: “Il Paese non ha futuro” –  L’Iraq “per me non ha futuro”, ha continuato il giornalista secondo cui c’è troppo odio, troppa diffidenza e nessuna fiducia. Fra iracheni gli sciiti e i sunniti sono separati. “L'Isis – ha quindi spiegato il giornalista di askanews – con questi suoi attentati vuole dimostrare alla comunità internazionale che non è morto, che è ancora capace di colpire. Ma c'è un messaggio più subdolo ancora che mira a destabilizzare l'Iraq, dire che gli sciiti non sono capaci di governare il paese”. “Probabilmente l'unica prospettiva è dividere il paese in due o tre federazioni se non in tre Stati separati: nel nord i curdi, a ovest i sunniti e nel sud gli sciiti. Mi duole dirlo ma temo che sia la cosa migliore, vivere ognuno per conto suo. E questo lo dico dopo tanti anni in cui ho sperato che si potesse evitare”, ha aggiunto. Dopo l’attacco, ritenuto il più sanguinoso in Iraq dal 2007, il governo ha decretato tre giorni di lutto.

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