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Pensione a 67 anni, Camusso (Cgil): “Meccanismo scorretto, è una follia”

La Cgil punta il dito contro il meccanismo dell’aumento dell’aspettativa di vita, che innalzerà a 67 anni per tutti la soglia per andare in pensione: “Automatismo sbagliato e fuori controllo”. I sindacati Cgil, Cisl e Uil in una nota chiedono il blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita previsto per il 2019.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'aumento dell'aspettativa di vita di cinque mesi, annunciato dall'Istat va di pari passo con l'innalzamento della soglia per andare in pensione a 67 anni, per uomini e donne. Dal 2019, così come previsto dalla legge Fornero, potrebbero essere necessari cinque mesi in più di lavoro rispetto agli attuali 66 anni e 7 mesi per accedere alla pensione. Cresce quindi l'aspettativa di vita degli italiani rispetto al 2013, arrivando a toccare quota 82,8 anni di media.

Come funziona il meccanismo dell'aspettativa di vita

Il meccanismo introdotto nel 2010 interessa tutti i lavoratori, sia privati sia pubblici. Dal 2019 potrà essere ritoccato ogni due anni, ma solo al rialzo. Se invece l'aspettativa di vita dovesse calare non si può invece abbassare la soglia per andare in pensione. C'erano già state delle modifiche per la pensione di vecchiaia: nel 2013, aumentata di tre mesi, e nel 2016, salita di quattro arrivando a 66 anni e sette mesi per gli uomini, 65 anni e sette mesi per le donne del settore privato. In ogni caso una sorta di "clausola di salvaguardia" della legge Fornero ha stabilito che i requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia debbano comunque "essere tali da garantire un’età minima di accesso al trattamento pensionistico non inferiore ai 67 anni per i soggetti che maturano il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento a partire dall’anno 2021″.

In pratica almeno un anno prima della scadenza prevista, quindi entro il 2017 per le novità che dovranno entrare il vigore il primo gennaio 2019, il ministero dell'Economia e quello del Lavoro emanano un decreto "direttoriale", un provvedimento di natura amministrativa, attraverso il quale i due ministeri, elaborati i dati dell'Istat, calcolano la variazione della speranza di vita a partire dai 65 anni. Tra il 2013 e il 2016 la speranza di vita è passata da 20,3 a 20,7 anni, ovvero è aumentata di 0,4 punti. A quel punto si convertono i decimali in mesi, e si ottengono, per eccesso, i cinque mesi, che si aggiungono al requisito di età per la vecchiaia.

Un adeguamento analogo subirà anche il requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata: per gli uomini saranno necessari 43 anni e 3 mesi di contributi, per le donne 42 anni e 3 mesi.

La rabbia dei sindacati

"I dati diffusi dall'Istat che attesterebbero, dopo un periodo di calo dell'aspettativa di vita, un aumento di cinque mesi, confermano l'urgenza di fermarsi e riconsiderare un meccanismo scorretto e penalizzante" – ha detto Susanna Camusso, segretario generale della Cgil – "E' indispensabile fermare la follia di un automatismo perverso che porta, senza che ne conosca il metodo di calcolo, a peggiorare periodicamente l'età pensionabile dei lavoratori". 

I sindacati Cgil Cisl e Uil chiedono insieme "Il blocco dell'adeguamento all'aspettativa di vita previsto per il 2019 e l'avvio del confronto per una modifica dell'attuale meccanismo per superare e differenziare le attuali forme di adeguamento, tenendo conto anche delle diversità nelle speranze di vita e nella gravosità dei lavori". 

Per il ministro del Lavoro Poletti ci sarebbe ancora tempo per ridiscutere la legge: "C'è una legge e la legge si applica. L'Istat ha fatto quello che doveva. È una legge che andrà in applicazione all'inizio del 2019, quindi c'è ancora una anno di tempo se si vuole discutere e confrontarsi nel merito. Il tempo c'è".

La Consulta sulla rivalutazione automatica delle pensioni

Oggi la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla rivalutazione automatica delle pensioni contenuta nel decreto legge 65/2015, il cosiddetto Bonus Poletti: il decreto sulle perequazioni pensionistiche è legittimo. La Consulta ha respinto le censure di incostituzionalità sollevate, con questa motivazione: la norma realizza "Un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica".

Un'eventuale bocciatura del decreto del 2015, con cui lo Stato doveva restituire ai pensionati i soldi bloccati dalla legge Fornero, sarebbe costato 30 miliardi. La legge Fornero aveva bloccato per il 2012 e il 2013 l‘adeguamento automatico all'inflazione delle pensioni con un importo mensile di tre volte superiore al minimo Inps (circa 1.450 euro lordi). La norma della Fornero era stata bocciata dalla stessa Corte costituzione, proprio nell'aprile del 2015. Il ministro Poletti era poi intervenuto con un decreto che prevedeva una parziale restituzione, che ammonta circa al 21 per cento di quanto previsto per i pensionati. Gli interessati dal giudizio della Corte Costituzionale sono in tutto 17mila pensionati.

"Quando l'abbiamo fatto eravamo convinti di fare una cosa rispettosa della sentenza che la Corte aveva emesso, dovendo peraltro tenere conto di un altro principio costituzionale che è la tenuta del pareggio di bilancio. Bisognava trovare un equilibrio e se oggi la Corte conferma che la scelta era corretta, non possiamo che esprimere soddisfazione", ha dichiarato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti commentando la sentenza della Consulta.

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