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Violentata da bambina in Albania scappa a Napoli, dove diventa una schiava

La drammatica storia di una ragazza a cui la polizia ha dato il nome di Serena: costretta a subire abusi da parte del patrigno quando era ancora una bambina, aveva creduto a un suo connazionale che si era finto innamorato di lei e l’aveva seguito in Italia. Ma qui per lei è iniziato un altro incubo.
A cura di Susanna Picone
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L’hanno chiamata Serena, un nome di fantasia scelto come augurio che la sua vita futura possa essere diversa da quella vissuta finora. Perché il passato di una giovane ragazza albanese “salvata” dalla polizia a Napoli è stato tutt’altro che sereno. È stato un incubo, iniziato quando era solo una bambina in Albania e poi andato avanti in Italia. La giovane aveva solo undici anni quando nel suo Paese veniva violentata dal suo patrigno. Violenze che l’avevano convinta a trasferirsi in Italia insieme a un suo connazionale che le aveva fatto credere di essere innamorato di lei. Arrivando a Napoli Serena credeva di lasciarsi alle spalle gli abusi del passato ma in realtà si è trovata di fronte a ulteriori violenze. A Napoli la giovane è stata di fatto ridotta in schiavitù: la ragazza, che oggi ha 20 anni, ha subito in Italia maltrattamenti, percosse, è stata vittima di un annientamento psicologico. A ridurla in questo stato, secondo il racconto fornito dalla vittima agli agenti del commissariato di polizia dell’Arenella, è stato il suo sfruttatore, colui che l’aveva “liberata” dalle violenze del patrigno in Albania per portarla in Italia.

Uno sfruttatore che la costringeva a prostituirsi dalle 9.30 alle 19 di tutti i giorni, in località Domiziana di Giugliano (Napoli) e a Maddaloni (Caserta). Serena veniva malmenata per qualsiasi cosa, anche se restava con un cliente qualche minuto in più rispetto a quelli “programmati”. Il suo sfruttatore le toglieva tutti i soldi che guadagnava prostituendosi, dai 50 ai 700 euro al giorno. Le lasciava solo 20 euro che le servivano per far benzina all’auto con la quale si spostava. Poi qualche giorno fa, tornando da un viaggio in Albania, lui l’ha accusata di aver rubato dei soldi e una pistola che aveva in casa. Lei, picchiata al punto da finire in ospedale, ha ammesso il furto pur di porre fine alle torture: voleva scappare. Ha finto di andare a recuperare soldi e pistola ma invece Serena ha chiesto aiuto in ospedale. La polizia, dopo aver effettuato riscontri sulle sue dichiarazioni, ha rintracciato lo sfruttatore che è stato sottoposto a fermo con l’accusa di riduzione in schiavitù, induzione e sfruttamento della prostituzione e sequestro di persona.

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