Vercelli, lo sfogo del medico positivo al Covid: “Non c’è più tempo, smettetela di credervi forti”
"In un momento in cui c’è anche chi vuol negare la realtà ci sembra significativo riportare il messaggio di un nostro medico, anestesista rianimatore dell’ospedale di Vercelli, a casa perché il Covid ha colpito anche lui": inizia così un post pubblicato lunedì sulla pagina Facebook dell’Asl Vercelli, che dà voce al dottor Giuseppe Barbarello, responsabile di Rianimazione dell'ospedale Sant’Andrea, al momento a casa perché anche lui positivo al Coronavirus. Un medico che dice di essere sconfortato e scoraggiato, ma soprattutto arrabbiato perché non è più "in prima linea". "Mi sono dovuto fermare. Anche io. Perché questo virus, nonostante tutti gli accorgimenti e le misure di sicurezza, spesso non ti lascia il tempo e ti assale con tutta la sua forza", dice il dottore, che ammette di sentirsi anche in colpa "per aver coinvolto i miei familiari in una partita che non avrebbero mai voluto giocare". "Quando la temperatura scende e quella batteria che sembra suonarmi in testa si interrompe ritorno lucido e penso che sono un medico, il mio dovere è curare le persone; ma quello che di certo posso fare adesso è raccontarvi che non c’è più tempo", dice Barbatello, scagliandosi contro chi sottovaluta ancora l’emergenza. Perché "non è solo il Coronavirus che dobbiamo sconfiggere, ma anche il virus dell’ignoranza".
Il medico positivo: "La gente non canta più sui balconi e fa bene"
“Non c’è tempo per l’ignoranza di chi nega, di chi protesta in piazza perché non vuole portare una mascherina; non c’è più tempo nemmeno per chi, pur appartenendo al mio stesso mondo, non ci ha creduto, facendo prevalere la prepotenza e la leggerezza e adesso si ritrova in uno dei letti della mia terapia intensiva, pronato e intubato. Non è solo il coronavirus che dobbiamo sconfiggere, ma anche il virus dell’ignoranza e della non curanza”, scrive il medico. E ancora, l’appello a chi non considera il Coronavirus un problema: “Smettetela di credervi forti, onnipotenti, convinti che a voi non possa toccare. La gente non canta più sui balconi e fa bene… dal canto nostro, invece, noi non abbiamo più voglia di raccontarvi storie. Siamo stanchi e l’unica storia vera è quella di chi ogni giorno lavora come un matto per curarvi, si chiude dentro una tuta che ti fa sembrare un astronauta e spera che non tocchi a lui”. Infine una richiesta: “Abbiate rispetto per chi vi cura e soprattutto abbiate rispetto per voi stessi”.