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Ventotto anni dalla scomparsa di Mariano e Salvatore. Mamma Carmela: “Voglio la verità”

È il 31 marzo 1992 quando due famiglie di Casteldaccia scivolano nell’incubo: Mariano Farina, 12 anni e Salvatore Colletta, 14, sono scomparsi insieme dal piccolo comune in provincia di Palermo. Sono passati 28 anni da quel giorno, ma il dolore di mamma Carmela La Spina, resta uguale: “Mi rivolgo ai ragazzi che erano con mio figlio e Mariano, quel giorno: dite la verità”.
A cura di Angela Marino
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"Dobbiamo scappari i casa". È il 31 marzo 1992 quando due famiglie di Casteldaccia scivolano nell'incubo: Mariano Farina, 12 anni e Salvatore Colletta, 14, sono scomparsi. Quindici giorni prima Mariano aveva tentato la fuga con Ciro Colletta, fratello di Mariano, la sua famiglia aveva dato poco peso all'episodio. Oggi, dopo 28 anni, i ragazzi di Casteldaccia sono ancora scomparsi, eppure sulla loro vicenda non si sono risparmiate le piste investigative più disparate, tra cui perfino quella dell'ammazzatina mafiosa.

I fatti, innanzitutto. Il 31 marzo di 28 anni fa era martedì, per Mariano e Salvatore, un giorno di scuola, anche se nessuno dei due ci andò. Quel che è certo è che Mariano, 14 anni, di cui la maggior parte vissuti in America, da dove la sua famiglia si era trasferita, voleva scappare di casa. E Salvatore, che di età era maggiore, ma di carattere molto meno volitivo, era proprio la persona giusta da coinvolgere, visto che suo fratello non si era lasciato convincere.

L'allarme scattò nel pomeriggio, quando i genitori di entrambi si resero conto che i ragazzi non sarebbero rincasati. Dove erano stati? A chi avevano rivelato i loro piani? Certo è che gli amici di pallone dei ragazzi e i compagni di scuola, non forniscono molte risposte. Si teme il peggio, che siano stati rapiti o peggio, che siano rimasti vittima della mafia che all'epoca a Casteldaccia dettava legge. Si sospettò che i ragazzi fossero stati sorpresi a giocare nelle ville semideserte sul lungomare, quelle dove i boss si riunivano per i loro summit. In una di queste vennero ritrovate delle confezioni di succo di frutta vuote che fecero pensare a un pic nic dei ragazzi, ma nessuno all'epoca poté stabilire con certezza se erano effettivamente una traccia del passaggio di Mariano e Salvatore. Intervenne finanche l'ex moglie di un boss a dire che i due ragazzi erano stati uccisi e murati vivi.

Seguirono accurate analisi dei Ris che non trovarono alcun riscontro di questa ricostruzione, da li in poi bollata come falsa. Molte segnalazioni arrivarono riguardo alla cosiddetta pista nomade, ovvero quella per cui sarebbero stati ‘adottati' da una delle tante comunità rom che all'epoca erano stanziate a Casteldaccia. Ci furono addirittura degli avvistamenti, ma niente di concreto. Ovviamente non venne esclusa neanche la pista americana, tanto che si trovò perfino un Mariano Farina nei registri degli italiani negli Usa, tuttavia si rivelò essere solo un omonimo. A distanza di 28 anni, con i Farina ormai tornati negli Stati Uniti, per la madre di Salvatore resta solo una speranza, che chi sa parli.

"Il giorno della scomparsa – dice Carmela Colletta in un appello per il 28esimo anniversario della scomparsa – Salvatore la mattina rimase a casa a dormire, non andò a scuola e nel pomeriggio come faceva di solito uscì per giocare a pallone con Ciro (suo fratello, ndr), loro due non si separavano mai, insieme raggiunsero altri ragazzini come capitava spesso… Ragazzini che sanno qualcosa in più che non dicono. Io mi rivolgo a voi e vi chiedo per favore di parlare, se è morto voglio poter piangere su una tomba, portargli un fiore e raggiungere almeno un luogo di sepoltura e non vivere la mia vita nell'incertezza. Mio figlio aveva solo 15 anni quando è scomparso, oggi ne avrebbe 44".

"Io vivo questo inferno da 28 anni perché voi non parlate – continua – se non volete metterci la faccia almeno parlate e dite tutto ciò che sapete in anonimato, in qualsiasi modo ma dite ciò che può essere utile nel farci arrivare alla verità! A causa della vostra omertà c'è dietro la sofferenza di un'intera famiglia, è una parte di vita che ci manca… Sapere di avere un proprio caro che non si sa dove sia, se sta bene o se non ci sia più è un dolore grande che non passa finché non si arriva a una verità bella o brutta che sia".

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