6 Dicembre 2022
21:05

Uccise l’ex della fidanzata a colpi di pistola “perché la molestava”, Michele Mulè condannato a 18 anni

Michele Mulè è stato condannato a 18 anni per l’omicidio di Bendetto Ferrara, l’ex della fidanzata ucciso a colpi di pistola il 16 ottobre 2020.
A cura di Chiara Ammendola
La vittima Benedetto Ferrara
La vittima Benedetto Ferrara

È stato condannato a 18 anni di carcere il 29enne che la sera del 16 ottobre 2020 ha ucciso a Camporeale a colpi di pistola Benedetto Ferrara, l'ex fidanzato della compagna che non si era rassegnato alla fine della storia e che l'aveva perseguitata poi per diverso tempo. Quest'oggi la decisione della corte d'assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, che ha condannato a 18 anni con rito abbreviato Michele Mulè.

Il procuratore aggiunto Ennio Petrigni ed il sostituto Alfredo Gagliardi, che avevano coordinato le indagini, avevano chiesto per lui l'ergastolo, ma la Corte ha escluso l'aggravante dei futili motivi e della premeditazione, concedendo la riduzione prevista per il rito abbreviato. Sono state quindi accolte parzialmente le tesi degli avvocati Raffaele Bonsignore e Francesco Foraci che difendono Mulè.

Nel processo si è costituita parte civile la famiglia della vittima alla quale sono state riconosciute delle provvisionali per complessivi 300 mila euro. I giudici hanno poi deciso di trasmettere gli atti alla Procura per valutare un'ipotetica falsa testimonianza a carico di una coppia sentita durante il dibattimento: l'uomo avrebbe fatto pressioni sulla compagna perché negasse davanti alla Corte alcuni elementi.

Mulè era stato fermato poco dopo il delitto. Secondo quanto ricostruito, Ferrara sarebbe stato ucciso per gelosia nei confronti di una ragazza che era stata fidanzata con la vittima. Qualche settimana prima dell'omicidio, la ragazza aveva ripreso a frequentare Mulè, col quale aveva avuto in precedenza una storia durata due anni. La giovane ha spiegato che Ferrara non si sarebbe mai rassegnato alla fine del loro rapporto ed avrebbe iniziato a seguirla e anche ad insultarla per strada.

Dopo il delitto, Mulè aveva poi chiamato i carabinieri, ai quali aveva consegnato anche il revolver utilizzato per uccidere Ferrara con tre colpi. Secondo l'accusa, quella sera Ferrara non avrebbe fatto nulla per scatenare la violenza dell'imputato e l'arma sarebbe stata recuperata da Mulè già due mesi prima dell'omicidio e da qui l'ipotesi della premeditazione. La difesa ha invece sempre portato avanti la tesi opposta: si sarebbe trattato di "un concitato gesto", commesso "verosimilmente per un'improvvisa e balorda crisi di gelosia".

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