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Terapie intensive, perché si rischia l’intasamento nel giro di un mese

Con l’aumento dei ricoveri covid l’Italia rischia di ritrovarsi in una situazione di emergenza a causa della contemporanea epidemia di influenza stagionale che porterà a un aumento dei pazienti fragili in ospedale.
A cura di Antonio Palma
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Ricoveri covid in terapia intensiva e nei normali reparti i continua crescita e in un periodo come quello invernale, dove i reparti ospedalieri sono già in una fase di massima occupazione, si rischia un nuovo intasamento di questi reparti nel giro di un mese o poco più. È quanto sostiene il professor Antonino Giarratano, presidente Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva-SIAARTI, alla luce della nuova impennata di contagi da coronavirus in Italia, e dei conseguenti ricoveri. Pur ammettendo che non si è nella situazione di elevata criticità che abbiamo affrontato lo scorso anno, per Giarratano si rischia analogamente di ritrovarsi in una situazione di emergenza a causa della contemporanea epidemia di influenza stagionale che porterà inevitabilmente a un aumento dei ricoveri delle persone fragili.

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Influenza stagionale e covid reparti intasati

Secondo il presidente della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione, infatti, “con queste cifre e con questa tendenza preoccupante, che cade nel periodo autunnale e invernale in cui le aree critiche sono già sotto pressione, nel giro di un mese il sistema ospedaliero delle terapie intensive rischia pericolosamente l'intasamento”. Secondo i dati Agenas, l’occupazione di posti letto in terapia intensiva dei malati covid non supera il 6% a livello nazionale, quindi ben al di sotto della soglia critica del 10% ma a questi vanno sommati tutti gli altri malati.  “Per fortuna oggi abbiamo i vaccini che stanno difendendo in maniera importante la salute di milioni di italiani, Questo significa che oggi i ricoverati sono soprattutto persone che hanno rifiutato la vaccinazione e altre che invece presentano condizioni di particolare fragilità ed alti fattori di rischio e stanno uscendo dopo 10 mesi dalla copertura piena dal contagio” ha spiegato Giarratano, avvertendo però che “questa situazione si andrà presto a sommare all'influenza stagionale che causa circa 8.000 morti tra i pazienti più fragili e che nelle prossime settimane inizierà a circolare nel nostro Paese conducendo ad un affollamento di ricoveri pericoloso e probabilmente insostenibile".

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Per evitare ricoveri vaccinarsi contro covid-19

“A seguito del ricovero in terapia intensiva i pazienti hanno una possibilità di decesso che va dal 30 al 75%. Dobbiamo evitare il più possibile questo tipologia di ricoveri” ha proseguito il professore, aggiungendo: “Il nostro appello come Società scientifica degli anestesisti-rianimatori è chiaro e preciso: chiediamo a tutti gli italiani di vaccinarsi e ai vaccinati da più di 6 mesi di fare la terza dose e di attenersi con estrema attenzione alle norme di prevenzione, mi riferisco all'uso delle mascherine ed alla frequente disinfezione delle mani. Chiediamo al governo di mettere in atto già da subito le manovre necessarie per una maggior attenzione socio-sanitaria, senza attendere il colore ‘GIALLO' che significa già 15% di ricoveri in più e nuovi morti”.

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Friuli Venezia Giulia oltre la soglia critica dei ricoveri

Al momento non ci sono regioni in zona Gialla ma alcune già hanno oltrepassato la soglia critica dei ricoveri come il Friuli Venezia giulia che è al 15% e Altre si avvicinano pericolosamente come Lazio e Liguria che sono al 9%. “In presenza di numeri sempre più alti di ricoveri noi dovremo riservare posti in terapia intensiva per i ricoverati COVID.19, riducendo quindi i posti letto disponibili per pazienti cronici riacutizzati, chirurgici anche oncologici e con sindromi acute che compromettono funzioni vitali", conclude il presidente SIAARTI, "Questa situazione va evitata. Consideriamo con grande attenzione un fatto preoccupante: con le terapie intensive intasate, l'anno prossimo potremmo essere costretti alla tragica conta di tanti decessi avvenuti tra pazienti non COVID.19 per ritardata o mancata assistenza”.

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