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Taranto, furbetti del cartellino in Caserma, timbravano e uscivano a fare spese: 23 indagati

L’inchiesta, condotta dai militari della Guardia di finanza e coordinata dalla Procura di Taranto, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 23 dipendenti pubblici del Ministero della Difesa in servizio presso la caserma “Mezzacapo” della città pugliese dove hanno sede gli uffici di diverse forze armate.
A cura di Antonio Palma
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Arrivavano al lavoro e timbravano regolarmente il cartellino di ingresso ma poi, a metà mattinata, spesso uscivano dall'ufficio per fare commissioni personali, come la spesa o andare al mercato, senza segnalarlo a nessuno, mentre la sera capitava che lasciassero il badge ai colleghi in modo che questi lo timbrassero all'orario opportuno mentre loro si allontanavano ben prima dell'uscita prevista.  Queste le contestazioni che la Procura di Taranto muove contro 23 dipendenti pubblici in servizio presso la caserma "Mezzacapo" della città pugliese dove hanno sede gli uffici di diverse forze armate. Come racconta il Quotidiano di puglia, in queste ore gli indagati stanno ricevendo gli avvisi di conclusione delle indagini a loro carico avviate nelle settimane scorse dai militari della Guardia di finanza.

Le Fiamme Gialle infatti si sono appostate per settimane davanti agli ingressi della caserma tarantina segnando tutti gli spostamenti dei dipendenti che sulla carta dovevano essere al lavoro in ufficio. Poi hanno perquisito gli stessi uffici, controllando in particolare gli orari di entrata e uscita segnati sui registri e i documenti su eventuali permessi e uscite anticipate ma nessuno corrispondeva agli orari effettivamente praticati e segnati dagli appostamenti. I militari così hanno scoperto un modo di fare diffuso tra molti dipendente: quello di uscire senza nessuna autorizzazione e andare a fare la spesa, spesso nell'adiacente Mercato Fadini. Durante i controlli addirittura una delle indagate, fermata dai militari con la scusa dello scontrino, si sarebbe innervosita dicendo: "Non mi fate perdere tempo che sto lavorando".

Per i 23 indagati dunque è scatta l'accusa è di truffa aggravata ai danni del Ministero della difesa di cui sono dipendenti. Ad alcuni il procuratore aggiunto Maurizio Carbone contesta solo un singolo episodio mentre altri son accusati di averlo fatto spesso. Tutti ora hanno venti giorni per le memorie difensive in modo da fornire le proprie giustificazioni prima della richiesta di rinvio a giudizio.

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