Strangolò i genitori e gettò i corpi nel fiume: ora in carcere Benno Neumair insegna scacchi ai detenuti

Nel carcere veronese di Montorio, dove sta scontando la condanna all’ergastolo per il duplice omicidio dei genitori, Benno Neumair ha trovato un ruolo inedito: quello di insegnante di scacchi. "Un incarico che ha ricevuto dalla direttrice della struttura – ha dichiarato al Corriere Flavio Moccia, suo avvocato insieme ad Angelo Polo -. Sa giocare molto bene e gli scacchi, come qualsiasi attività, aiutano a superare la monotonia. Soprattutto, però, c’è l’ottima collaborazione con la struttura: è collaborativo, e si è messo a disposizione".
Dopo un anno trascorso in isolamento, Neumair è tornato a una vita carceraria più regolare, prendendo parte alle attività interne e mantenendo un comportamento che gli stessi legali definiscono esemplare. Da alcune settimane, inoltre, avrebbe riallacciato i rapporti con parte della famiglia con alcune zie che regolarmente vanno a fargli visita. Si tratta di una serie di incontri, su base volontaria, che coinvolgono autori e vittime del reato nel tentativo di riparare le conseguenze di quanto accaduto.
La sera del 4 gennaio 2021, nell’appartamento di via Castel Roncolo a Bolzano, Benno Neumair, allora trentenne, uccise i genitori, Peter Neumair e Laura Perselli, entrambi insegnanti in pensione. Secondo la ricostruzione dei giudici, li strangolò con un cordino d’arrampicata e poi gettò i corpi nel fiume Adige. Le indagini partirono grazie alla sorella Madé, che notò anomalie nei comportamenti del fratello e trovò una traccia di sangue del padre su un ponte, luogo dal quale i corpi erano stati gettati.
I cadaveri furono ritrovati a distanza di settimane: quello di Laura il 6 febbraio 2021 a Egna, quello di Peter il 27 aprile a Trento. Inizialmente reticente, Benno confessò solo dopo il ritrovamento della madre.
Il processo, aperto il 4 marzo 2022 davanti alla Corte d’assise di Bolzano, si concluse con la condanna all’ergastolo per omicidio pluriaggravato e distruzione di cadaveri, pena poi confermata in appello e in Cassazione. I giudici riconobbero la presenza di disturbi di personalità – di tipo narcisistico, antisociale e istrionico – ma esclusero che avessero inciso sulla sua capacità di intendere e di volere. Scrissero che l’omicidio del padre fu commesso "nella piena consapevolezza dell’azione", dimostrando "un’evidente capacità di determinarsi anche in situazioni fortemente stressanti".