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Strangolò i genitori e gettò i corpi nel fiume: ora in carcere Benno Neumair insegna scacchi ai detenuti

Detenuto nel carcere veronese di Montorio, dove sconta l’ergastolo per l’omicidio dei genitori, Benno Neumair insegna scacchi ai detenuti e partecipa a un percorso di giustizia riparativa.
A cura di Davide Falcioni
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Nel carcere veronese di Montorio, dove sta scontando la condanna all’ergastolo per il duplice omicidio dei genitori, Benno Neumair ha trovato un ruolo inedito: quello di insegnante di scacchi. "Un incarico che ha ricevuto dalla direttrice della struttura – ha dichiarato al Corriere Flavio Moccia, suo avvocato insieme ad Angelo Polo -. Sa giocare molto bene e gli scacchi, come qualsiasi attività, aiutano a superare la monotonia. Soprattutto, però, c’è l’ottima collaborazione con la struttura: è collaborativo, e si è messo a disposizione".

Dopo un anno trascorso in isolamento, Neumair è tornato a una vita carceraria più regolare, prendendo parte alle attività interne e mantenendo un comportamento che gli stessi legali definiscono esemplare. Da alcune settimane, inoltre, avrebbe riallacciato i rapporti con parte della famiglia con alcune zie che regolarmente vanno a fargli visita. Si tratta di una serie di incontri, su base volontaria, che coinvolgono autori e vittime del reato nel tentativo di riparare le conseguenze di quanto accaduto.

La sera del 4 gennaio 2021, nell’appartamento di via Castel Roncolo a Bolzano, Benno Neumair, allora trentenne, uccise i genitori, Peter Neumair e Laura Perselli, entrambi insegnanti in pensione. Secondo la ricostruzione dei giudici, li strangolò con un cordino d’arrampicata e poi gettò i corpi nel fiume Adige. Le indagini partirono grazie alla sorella Madé, che notò anomalie nei comportamenti del fratello e trovò una traccia di sangue del padre su un ponte, luogo dal quale i corpi erano stati gettati.

I cadaveri furono ritrovati a distanza di settimane: quello di Laura il 6 febbraio 2021 a Egna, quello di Peter il 27 aprile a Trento. Inizialmente reticente, Benno confessò solo dopo il ritrovamento della madre.

Il processo, aperto il 4 marzo 2022 davanti alla Corte d’assise di Bolzano, si concluse con la condanna all’ergastolo per omicidio pluriaggravato e distruzione di cadaveri, pena poi confermata in appello e in Cassazione. I giudici riconobbero la presenza di disturbi di personalità – di tipo narcisistico, antisociale e istrionico – ma esclusero che avessero inciso sulla sua capacità di intendere e di volere. Scrissero che l’omicidio del padre fu commesso "nella piena consapevolezza dell’azione", dimostrando "un’evidente capacità di determinarsi anche in situazioni fortemente stressanti".

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