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Strage di Carignano (TO), il sindaco: “Tutta la comunità è scossa”

Immotivata, assurda, misteriosa. La strage di Carignano che ha svegliato la piccola cittadina alle porte di Torino ha come protagonista ancora una volta un uomo, Alberto Accastello, 40 anni e grande lavoratore come dicono tutti in paese, che un lunedì mattina all’alba prende la sua pistola e fa fuoco contro la moglie, i due figli gemelli di due anni appena e il cane, mette la parola fine sulla sua famiglia con un ultimo colpo di pistola e si suicida.
A cura di Gianluca Orrù
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Cosa passa nella mente di un uomo che decide di sparare a sua moglie e ai suoi due figli? E' una risposta praticamente impossibile da dare. Quello che rimane è il dolore negli occhi di chi li conosceva. Dai familiari di lui che vivono nel terreno lì a fianco, che evitano come la peste anche il contatto visivo con i giornalisti e si infilano in macchina con lo sguardo basso fino ai vicini di casa, che piangono ricordando i due figli della coppia, i gemellini, Aurora e Alessandro.

Alessandro è morto all'arrivo in ospedale, Aurora in questo momento lotta tra la vita e la morte. Per la madre Barbara Gargano, cassiera in un supermercato della vicina Moncalieri, non c'è stato niente da fare. Lui, l'omicida, si era già sparato in testa.

"Io conoscevo lui – racconta il Sindaco di Carignano Giorgio Albertino – e non ci aspettavamo assolutamente una tragedia del genere. Era uno che lavorava, niente da segnalare. Adesso dobbiamo occuparci delle famiglie coinvolte e sperare che riescano a superare questa tragedia che ha scosso tutta la comunità del nostro paese".

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Un gran lavoratore, dicono questo dello sterminatore della propria famiglia. In questa zona del Piemonte le montagne si vedono distanti, il sole d'inverno rende l'aria pulita e trasparente. La villetta teatro della strage familiare ha i muri rossi e sul terreno di fronte non è ancora cresciuta l'erba. E' una casa appena intonacata, la casa di una giovane famiglia, anzi era la casa di una giovane famiglia che adesso non c'è più.

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Rimangono i sigilli dei carabinieri, i giornalisti che fanno le dirette sui programmi, che cercano di trovare una ragione, una qualsiasi che possa giustificare e rendere comprensibile una tragedia del genere. Motivi però non ce ne sono, almeno non in questo momento, in grado di giustificare una mostruosità di questo tipo.

"Ho ancora in testa gli occhi del piccolo Ale – racconta una anziana signora vicina di casa della coppia, che non ha voluto che la riprendessi in viso e la cui richiesta ho rispettato – i bambini venivano a giocare ogni giorno con mia nipote. Barbara li portava qui ed erano qui anche ieri sera. Poveri bambini".

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Parlare forse aiuta a superare la tragedia, ma in questo momento è troppo presto. Un motivo basterebbe, qualcosa che non sia simili al copione visto già troppe volte negli ultimi anni. Una donna che decide di lasciare il marito e quello che per tutta risposta uccide lei e i propri figli, suicidandosi.

"Questo periodo ci sta distruggendo – prosegue la signora in lacrime riferendosi alla pandemia – siamo in ansia, preoccupati per il futuro e con un lungo periodo di incertezza davanti". Come se la pandemia potesse giustificare una discesa nella follia, graduale e inarrestabile. Perché sembra essere un eccesso di follia la non ragione di questa tragedia. "Non ragione", sì, perché niente può giustificare una strage simile.

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