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Incidente del bus a Mestre

Strage del bus di Mestre, chiusa l’inchiesta: sette dirigenti comunali indagati per omissioni

La Procura di Venezia chiude l’inchiesta sulla strage del bus di Mestre nella quale morirono 22 persone: sette dirigenti comunali indagati per mancata messa in sicurezza del cavalcavia. Per loro ipotesi di omicidio colposo e lesioni.
A cura di Biagio Chiariello
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La Procura di Venezia ha chiuso l’inchiesta sulla strage del bus precipitato dal cavalcavia di Marghera il 3 ottobre 2023, un incidente costato la vita a 22 persone e nel quale altre 14 rimasero ferite. Il fascicolo approda ora alla fase successiva: sette tra dirigenti comunali e responsabili della manutenzione sono ufficialmente indagati, mentre l’amministratore delegato della società La Linea, Massimo Fiorese, è uscito dall’indagine e per lui è stata chiesta l’archiviazione.

Secondo i pm Laura Cameli e Giorgio Gava, gli indagati avrebbero agito con negligenza, imprudenza e imperizia, omettendo controlli e interventi necessari sul cavalcavia superiore di Marghera. L’infrastruttura presentava un varco di circa 2,40 metri nel guardrail e uno stato di deterioramento già noto da tempo. Quel punto debole, sostengono gli inquirenti, avrebbe trasformato un urto in una caduta di 15 metri, rendendo il mezzo impossibilitato a contenersi una volta deviata la traiettoria.

La ricostruzione tecnica descrive il bus che, dopo aver colpito il guardrail per una cinquantina di metri, ha trovato l’apertura nella barriera e ha sfondato la protezione, precipitando e prendendo successivamente fuoco. L’ipotesi iniziale di un malore dell’autista, Alberto Rizzotto, è stata esclusa: le verifiche medico-legali non hanno evidenziato elementi in tal senso.

Gli indagati sono tre dirigenti della Viabilità del Comune di Venezia, tre responsabili del servizio manutenzione della terraferma e un progettista che negli anni aveva seguito diversi appalti legati alla sicurezza stradale. Le accuse, a vario titolo, riguardano omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e stradali e crollo colposo. Entro venti giorni, le difese potranno depositare memorie e richieste di ulteriori atti, prima che la Procura decida se avanzare la richiesta di rinvio a giudizio.

Attraverso i loro legali, Simone Agrondi, Roberto Di Bussolo e Alberto Cesaro affermano di essere totalmente estranei ai fatti e manifestano sorpresa per le conclusioni della Procura. I difensori sostengono che la responsabilità non possa essere limitata ai funzionari comunali, sottolineando come il varco nel guardrail esistesse dagli anni Sessanta e come gli accertamenti tecnici abbiano individuato nella rottura dello sterzo – avvenuta su un autobus praticamente nuovo – l’innesco dell’incidente.

Le difese evidenziano inoltre un’anomalia nella dinamica: nei 3,5 secondi intercorsi tra il primo impatto e la caduta non risulterebbero frenate, un elemento che, secondo loro, merita ulteriori approfondimenti. Per questo confidano che gli atti del fascicolo chiariscano i criteri con cui la Procura ha concentrato l’imputazione sulle sole omissioni manutentive.

Il quadro accusatorio rimane dunque focalizzato su ciò che, secondo i pm, non è stato fatto per garantire la sicurezza della rampa Rizzardi e del cavalcavia, considerato da tempo bisognoso di interventi strutturali. Una responsabilità per omissione che, scrivono i magistrati, equivale a causare l’evento quando su quel pericolo vi era un obbligo giuridico di intervento.

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