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La morte di Sissy Trovato Mazza

Sissy Trovato Mazza, il no della famiglia all’archiviazione: “Indagate sulle ex colleghe”

Due agenti penitenziarie del carcere della Giudecca, due colleghe di Sissy Trovato Mazza. Sono loro le ‘sospettate’ indicate dalla famiglia come persone coinvolte nei fatti nella richiesta di opposizione all’archiviazione delle indagini per istigazione al suicidio per la morte della giovane agente calabrese.
A cura di Angela Marino
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Due agenti penitenziarie del carcere della Giudecca, due colleghe di Sissy Trovato Mazza. Sono loro le ‘sospettate' indicate dalla famiglia come persone coinvolte nei fatti nella richiesta di opposizione all'archiviazione delle indagini per istigazione al suicidio per la morte della giovane agente calabrese. Le due agenti, entrambi in servizio il 1 novembre del 2016, quando Sissy venne colpita gravemente alla testa da un proiettile esploso dalla Beretta calibro nove che aveva in dotazione, sono le stesse che una testimone anonima indicò a Fanpage.it. come autrici del pestaggio in carcere ai danni di Sissy. Già nel gennaio 2019, infatti, una testimone, all'epoca in carcere come detenuta, raccontava dell'ostilità di due colleghe nei confronti di Sissy e del fatto che la stessa agente le avesse confidato di essere stata picchiata da loro negli spogliatoi del carcere. All'origine dell'aggressione c'erano, secondo tale testimonianza, le segnalazioni fatte da Sissy alla direzione del carcere sulla condotta sconveniente di una delle due agenti con una detenuta. La stessa Sissy, poco prima di morire aveva inviato una lettera all'allora direttrice del penitenziario femminile, Gabriella Straffi (oggi in pensione) riguardo a ‘fatti gravi' che riguardavano le sue colleghe, di cui lamentava l'ostilità e la diffidenza nei propri confronti.

Per questo, oggi, di fronte alla richiesta di archiviazione delle indagini avanzata dalla Procura per la morte di Sissy, attraverso i propri legali la famiglia ha chiesto di indagare su queste due agenti, controllando attraverso la lista celle telefoniche dove fossero mentre Sissy veniva colpita da quel proiettile alla testa nell'ospedale civile di Venezia, dove era andata a controllare una partoriente. Erano in carcere? Oppure si trovavano in un'area compatibile con quella del ferimento di Sissy? La famiglia, oggi, chiede risposte a queste domande in quanto, secondo i propri consulenti, dagli esami degli schizzi di sangue sugli indumenti indossati da Sissy risulterebbe improbabile che a sparare fosse stata proprio lei in un gesto suicida, come invece ipotizzato dal primo momento e come vorrebbe oggi concludere la Procura di Venezia.

"Abbiamo chiesto di controllare due agenti che secondo alcune testimonianze avevano già aggredito Sissy. Due persone che nutrivano rancore verso di lei e con le quali era in conflitto. Se il Gip dovesse archiviare senza condurre questo accertamento allora noi familiari saremo autorizzati a ritenere che non vuole scoprire la verità. I nostri legali e i nostri consulenti lavorano da mesi sulle prove e sulle testimonianze, hanno indicato una strada ragionevole da percorre. Se non vogliono farlo, devono darci un motivo. Tutto, compresa l'assenza di impronte sulla pistola (come avrebbe fatto Sissy a ripulirla dopo essersi sparata alla testa?) ci porta a credere che mia sorella non si sia tolta la vita, ma che sia stata vittima di un'imboscata, magari finita in tragedia".

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