Si spaccia per medico ONU e chiede 35mila euro a una vedova innamorata di lui: la truffa ad Ancona

Si era spacciato per un affascinante chirurgo ortopedico britannico in missione a Kabul per conto dell’ONU. In realtà era un truffatore seriale, capace di carpire la fiducia di una vedova piemontese di 63 anni e spillarle quasi 11mila euro dopo averle detto di essersi innamorato di lei. Quei soldi, però, sono finiti sul conto di una donna di 48 anni, di origine nigeriana e residente ad Ancona, condannata a un anno e sei mesi di reclusione per truffa aggravata in concorso.
La vicenda è approdata due giorni fa in aula davanti al giudice Carlo Cimini, che ha ascoltato sia la vittima sia l’imputata. Quest’ultima, difesa dall’avvocato Nicola Cagia, ha negato di essere parte del raggiro: "Il denaro mi era stato versato da un amico, Toni, che non aveva un conto corrente. Mi chiese di usare il mio per comprare un’auto. Non avevo notifiche sul telefono e non mi sono accorta di nulla". Di questo Toni, però, nessuna traccia: risulta irreperibile, così come l’altro nigeriano a cui era destinata una terza richiesta di denaro, ben più consistente, da 24mila euro.
La truffa è iniziata nel giugno 2021, quando la vedova ha conosciuto il presunto medico su Facebook. L’uomo si è presentato come un professionista al servizio delle Nazioni Unite in Afghanistan, impossibilitato a telefonare o videochiamare per motivi di sicurezza. A supporto delle sue parole, inviava foto in sala operatoria, sempre in camice, rafforzando così la credibilità del suo personaggio.
I due hanno intrattenuto una relazione virtuale fatta di messaggi e promesse d’amore. Poco dopo, il truffatore ha iniziato a chiedere soldi: prima per far arrivare da Londra un pacco che, a suo dire, gli avrebbe permesso di tornare a Roma, poi per presunti documenti antiterrorismo e costi doganali, infine per problemi di salute.
La vittima, convinta della buona fede dell’uomo, ha effettuato due bonifici a favore della donna oggi condannata: uno da 2.450 euro il 17 giugno 2021, l’altro da 8.400 pochi giorni dopo. Ma al terzo tentativo – la richiesta di 24mila euro – la pensionata ha cominciato ad avere dubbi. Quando i messaggi si sono interrotti bruscamente, ha capito di essere stata truffata e si è rivolta ai carabinieri.
Nonostante l’assenza del complice, il tribunale ha ritenuto sufficienti le prove per condannare la donna, che avrebbe contribuito al raggiro prestando consapevolmente il proprio conto corrente per l’incasso delle somme.