305 CONDIVISIONI

Si cura con la cannabis: due mesi in carcere, oggi ai domiciliari. Il calvario di Fabrizio

Fabrizio Pellegrini, ammalato, si cura coltivando la cannabis perché non ha i soldi per comprare quella terapeutica. Dopo due mesi di carcere ora è agli arresti domiciliari, ma per la legge italiana resta un condannato per droga. Un calvario che non promette nulla di buono: a settembre dovrà presentarsi in tribunale per un processo che lo vede imputato per coltivazione ai fini di spaccio.
A cura di Gaia Bozza
305 CONDIVISIONI
Fabrizio Pellegrini scarcerato
Fabrizio Pellegrini con il suo avvocato il giorno della scarcerazione

Due mesi in carcere con due patologie invalidanti: la fibromialgia e l'artrite reumatoide, malattie molto dolorose e gravi. Due mesi nel carcere di Chieti perché non ha i soldi per curarsi con la cannabis terapeutica ottenuta legalmente, ma in molte regioni – come l'Abruzzo – molto costosa, poiché la legge è rimasta inapplicata e il sistema sanitario regionale non ha stanziato il fondo di 50mila euro per venire incontro agli ammalati e rimborsare loro le terapie. Quasi due mesi dietro le sbarre e senza cure adeguate: alla fine Fabrizio Pellegrini, pianista 47enne, ha ottenuto gli arresti domiciliari. A sollevare il caso è stata Rita Bernardini, ex segretario dei Radicali: c'è stata una battaglia insieme agli ammalati che si curano con la canapa medica come Andrea Trisciuoglio dell'associazione LaPiantiamo, poi ci sono state due interrogazioni parlamentari e sollecitazioni al ministro della Giustizia Andrea Orlando. Alla fine, un primo risultato. L'incredibile storia di Fabrizio Pellegrini è stata denunciata un mese fa da Fanpage.it, quando Andrea Trisciuoglio, malato di sclerosi multipla che da anni si cura con la cannabis, ha raccontato attraverso il nostro giornale l'insostenibile situazione di Fabrizio e ha iniziato uno sciopero della terapia: ha smesso cioè di curare la sclerosi multipla insieme ad altri ammalati, per sensibilizzare l'opinione pubblica. In carcere, per lo stesso motivo o per motivi analoghi, ci finiscono "tantissime persone in Italia – afferma la Bernardini – Ma io, che con la mia disobbedienza civile da anni coltivo decine di piante di marijuana sul mio terrazzo, non vengo arrestata".

Trattato come uno spacciatore, ma è ammalato

Il pianista di Chieti è stato condannato a tre anni di reclusione per cumulo di pene, due condanne per coltivazione di marijuana. Quando le forze dell'ordine sono andate ad arrestarlo, gli hanno trovato in casa sei piantine di marijuana. Da lì un'altra accusa, dalla quale dovrà difendersi: coltivazione ai fini di spaccio. L'arresto di inizio giugno è stato seguito da una conferenza stampa con tanto di foto sbattuta sui giornali. Il titolo? "Arrestato spacciatore". Ma quelle erano piante che utilizzava per curarsi, spiega il suo legale Vincenzo Di Nanna: Fabrizio aveva provato ad acquistare la canapa medica in modo legale, quindi attraverso una prescrizione ottenuta dal medico, ma si era trovato a pagare circa 500 euro per un solo mese di terapia. E certo non poteva permetterseli, quante sono le persone che possono permettersi 500 euro al mese di medicine? Nell'ottobre del 2010, racconta l'avvocato, Pellegrini aveva scritto all'Asl per provare a ottenere gratuitamente il medicinale che non poteva comprare. Sarebbe stato un suo diritto, visto che la legge lo prevede, ma l'Abruzzo non ha stanziato i fondi necessari. La risposta dell'Asl? In soldoni: arrangiati. Per questo, Fabrizio coltivava marijuana sul balcone di casa.

La battaglia per Fabrizio Pellegrini

Giunto nel carcere di Chieti, a Fabrizio è stata tolta anche la possibilità di curarsi poiché in carcere non è permesso l'utilizzo di cannabinoidi. Gli venivano somministrati antidolorifici generici, che gli davano numerose controindicazioni e non erano adatti alla sua patologia. E' quanto ammette candidamente il direttore sanitario a Rita Bernardini durante una delle due visite che la radicale ha effettuato nell'istituto di pena: "Lui stesso – spiega l'ex parlamentare a Fanpage.it – aveva ammesso che i farmaci non erano indicati per le patologie di Fabrizio". La situazione inizia a cambiare da quel momento: la difesa del detenuto viene affidata ai due avvocati Vincenzo Di Nanna segretario di Amnistia, Giustizia e Libertà Abruzzo e Giuseppe Rossodivita, segretario del Comitato radicale per la giustizia Piero Calamandrei, che hanno lavorato duramente per tirarlo fuori di lì. Parallelamente, è iniziato lo sciopero della terapia di Andrea Trisciuoglio, seguito da una petizione su Change.org e uno sciopero della fame al quale hanno aderito tante persone, tra le quali anche il senatore Pd Luigi Manconi e il deputato di Possibile Giuseppe Civati. La vicenda di Fabrizio diventa un caso: due interrogazioni parlamentari, una di alcuni deputati di Possibile e un'altra di Sinistra italiana e appelli al ministro della Giustizia Andrea Orlando, che si interessa alla situazione.

Fabrizio Pellegrini vittima del proibizionismo

I legali di Pellegrini hanno chiesto il differimento della pena per infermità fisica e proposto in via subordinata l'applicazione della detenzione domiciliare. Il magistrato di sorveglianza ha concesso la detenzione domiciliare: Fabrizio è tornato a casa, e questo lascia soddisfatti i suoi avvocati ma per la legge resta un condannato per droga. E dovrà difendersi di nuovo dall'accusa di coltivazione ai fini di spaccio: "A settembre ci sarà il processo di merito – annuncia il legale -, solleverò la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 73 del Testo Unico che, nel prevedere la condotta di coltivazione come reato, non distingue tra uso personale e spaccio, ipotizzando quindi la violazione degli articoli 3 e 32 della Costituzione". La coltivazione della cannabis per Fabrizio era una "scelta non volontaria ma obbligata – afferma l'avvocato – E' la sua cura e viste le precarie condizioni di salute, lo aiuta a sopravvivere. In carcere lo hanno curato come potevano ma quando è uscito pesava 40 chili, con queste condanne si nega il diritto alla salute a un indigente". Pellegrini ha vissuto in grande afflizione i suoi due mesi dietro le sbarre, come racconta il legale, perché, tra le altre cose, a causa della sua infermità fisica non usciva mai dalla cella, che era anche sovraffollata: 7 persone dove potevano starci al massimo 3.  E mentre il proibizionismo miete vittime, la discussione del disegno di legge sulla legalizzazione della cannabis è slittata a settembre. Mancano i voti necessari all'approvazione.

305 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views