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Schettino: “La mia vita finita, Corte valuti il mio tratto umano”

Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia, ha scritto ai magistrati che lo giudicheranno in appello. Nove pagine per raccontare i suoi “personali motivi d’appello”.
A cura di Susanna Picone
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Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia condannato in primo grado a 16 anni, torna a parlare di quella notte maledetta di quattro anni fa, quando il viaggio della “sua” nave si fermò bruscamente nelle acque dell’Isola del Giglio, in Toscana. Morirono 32 persone e lui sostiene che anche la sua vita è finita quella notte. Come scrive Giusi Fasano sul Corriere della Sera l’ultima mossa dell’ex comandante è una lettera ai magistrati che lo giudicheranno nel processo d’appello sul naufragio della Concordia. Nove pagine in cui Schettino ancora una volta non ammette le sue responsabilità. Gli avvocati dell’imputato hanno depositato l’atto che chiede di rivedere la sentenza ma lui ha voluto andare oltre e così ha buttato giù i suoi “personali motivi d’appello” per “raccontarmi ai giudici”. Schettino avrebbe scritto che al processo di secondo grado, ancora non fissato, cercherà di essere presente il meno possibile dato che “la mia presenza fisica fin dal principio è stata pregiudizialmente mal interpretata ricalcando un copione che non è in linea con la mia persona e soprattutto con la mia indole”.

“La mia vita finita insieme alla vita di quelle 32 persone” – Schettino dice di voler “offrire alla valutazione della Corte anche il mio tratto umano”, cosa che “è bene scrivere” piuttosto che rivelare con “dichiarazioni relative a sentimenti, sensazioni, angosce”. Pensando al naufragio l’ex comandante dice che il suo più grande tormento è stato il costante pensiero delle vittime, il fatto di non essere morto con loro e anche che i giudici non gli hanno creduto. I morti secondo Schettino sono il risultato di una “situazione di inenarrabile emergenza” durante la quale “non sono stato aiutato dal team di ufficiali, non adeguatamente addestrato”. “La mia vita è finita allora e se non temessi di essere frainteso direi che è finita insieme alla vita di quelle 32 persone”, avrebbe scritto ancora Schettino affermando che per lui non c’è più pace: “Guardavo la Concordia di fronte a me, rovesciata su un fianco, come un animale ferito, avrei voluto raddrizzarla con le mie mani”.

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