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Piacenza, bimbo finì in ospedale per aver ingerito cocaina: arrestati genitori e nonni

Lo scorso anno un bambino di un anno finì in ospedale dopo aver ingerito della cocaina. Oggi gran parte della sua famiglia è finita in carcere. Mamma, papà e due nonni sono stati arrestati al termine di una lunga indagine dei carabinieri. Sarebbero coinvolti in una attività di spaccio a Piacenza e anche di favoreggiamento della prostituzione.
A cura di Susanna Picone
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I genitori e i nonni di un bambino di un anno che nel giugno del 2019 ingerì cocaina sono stati arrestati e dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di concorso in abbandono di minori e spaccio di sostanze stupefacenti. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico delle quattro persone sono state eseguite oggi a Piacenza, Ancona e Borghetto Lodigiano (Lodi) dai carabinieri del comando provinciale di Piacenza, con l'ausilio dei colleghi di Napoli, Ancona e Lodi. Le indagini hanno consentito di accertare la situazione di abbandono, questo il quadro accusatorio, in cui era stato lasciato il piccolo da parte dei genitori che lo facevano vivere in condizioni igienico sanitarie inadeguate e pericolose. Il bambino è stato ora affidato ai servizi sociali.

Genitori e nonni avevano in casa cocaina accessibile al bambino – Secondo la ricostruzione degli investigatori, gli arrestati custodivano in casa dosi di cocaina in posizioni accessibili al bimbo il quale, in un'occasione, ne ingerì una, rimanendo intossicato tanto da finire in Rianimazione. A quanto emerso, i genitori e i nonni del piccolo acquistavano a Napoli le sostanze stupefacenti – hascisc e cocaina – che poi rivendevano a Piacenza presso la propria abitazione. Nel corso dell'indagine, in base alle dichiarazioni degli acquirenti, sono stati riscontrati complessivamente cinque episodi di spaccio.

Accusarti anche di sfruttamento della prostituzione – Ai quattro arrestati è contestato, in concorso, anche il reato di sfruttamento della prostituzione. Secondo quanto emerso avrebbero ospitato una donna nella loro abitazione di Piacenza per poi farla prostituire ottenendo in cambio parte dei guadagni anche a seguito di minacce e violenze fisiche.

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