84 CONDIVISIONI
Opinioni
Cambiamenti climatici

Perché abolire i jet privati deve essere solo il primo passo: inquinare non è un diritto dei ricchi

Per il movimento dei Fridays For Future abolire i jet privati, come proposto da una proposta legge depositata ieri in parlamento, è solo l’inizio: sono anche i consumi dei più ricchi che ci stanno portando verso il collasso climatico. La scomparsa dell’aviazione privata di lusso non è solo un simbolo, è una necessità.
84 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

L'articolo è a cura di Ferdinando Pezzopane

Ieri è stata depositata una proposta di legge per porre dei limiti al trasporto aereo privato, ovvero l'aviazione di lusso. Merito di Alleanza Verdi Sinistra che ha presentato il provvedimento in una conferenza stampa. Il tema era emerso nel corso dell'ultima campagna elettorale grazie a Jet dei Ricchi, un progetto di data hacktivism che punta il dito contro lo stile insostenibile di ricchi, imprenditori, membri del jet set.

La proposta di legge punta a ridurre le emissioni di CO2 del settore del trasporto aereo privato, il settore più energivoro che ci sia, e contestualmente a rafforzare il trasporto pubblico locale. In Italia il settore dei trasporti è responsabile di quasi un quarto delle emissioni climalteranti, quindi qualsiasi politica energetica che punti a rispettare gli accordi di Parigi non può non affrontare il nodo di come ci muoviamo.

Il decreto legge non presenta nessuna proposta particolarmente rivoluzionaria, si limita ad applicare un po' di buon senso nel contesto di emergenza climatica in cui siamo immersi, e ricalca proposte fatte in altri paesi e le raccomandazioni delle ong che si occupano del tema da anni. Per prima cosa si delinea un iniziale e graduale divieto di ricorso a questi mezzi per tratte inferiori ai 300 chilometri servite da altre modalità di trasporto con un tragitto dalla durata minore di 4 ore, all’articolo 2 si stabilisce la completa abolizione dei jet privati a partire dal 2030, mentre i successivi capitoli di legge introducono una tassa sul kerosene e un'imposta specifica con l'obiettivo di scoraggiare il ricorso all’aereo privato per tratte brevi, il tutto per finanziare un fondo destinato al trasporto pubblico locale e ferroviario.

Vale la pena ricordare che ad oggi il kerosene è in quasi in tutto il mondo esente da tassazione. In uno studio europeo è stato stimato che il gettito generabile da un tassa sul kerosene di 30 centesimi per litro sarebbe pari in Italia a circa 3,1 miliardi di euro. Una cifra non irrisoria considerando che per rendere gratuito il trasporto pubblico locale servirebbero circa 3,5 miliardi di euro – calcolati sulla base delle entrate commerciali del TPL.

In questo modo Alleanza Verdi Sinistra ha tracciato una proposta di legge ambiziosa che cerca di muoversi nell’ottica della giustizia climatica e sociale. Al tempo stesso per scoraggiare maggiormente l’uso dei jet privati – prima della loro completa abolizione – sarebbe più efficace l’introduzione di una tassa progressiva sulla base del numero dei voli effettuati (frequent flyer levy), come delineato all’interno dell’agenda climatica che come Fridays For Future avevamo scritto per le elezioni politiche. In quanto un’aliquota fissa, per quanto alta, potrebbe risultare comunque facilmente ammortizzabile nel tempo da coloro che viaggiano spesso in jet privati.

Perché abolire i jet privati?

L’aviazione è la forma di consumo più energivora, in costante crescita, e i jet privati sono una delle rappresentazioni più evidenti di come le disuguaglianze economiche siano associate al tema della responsabilità climatica. Da uno studio condotto nel 2020è emerso che l’1% della popolazione mondiale è responsabile del 50% delle emissioni del settore dell’aviazione. Così la responsabilità di pochi determina maggiori rischi climatici per tutti e tutte.

Il peso climatico dell’1% più ricco della popolazione mondiale è stimabile in 101 tonnellate di CO2 l’anno, circa 44 volte di più rispetto ad un impronta climatica compatibile con lo scenario migliore tracciato dall’IPCC, associato ad un aumento delle temperature pari a 1.5. Nel caso degli Stati Uniti l’1% più ricco emette circa 318 tonnellate di CO2. Il tutto mentre il 50% più povero a livello globale emette circa 1.4 tonnellate di CO2.

Tra il 1990 e il 2019 le emissioni sono aumentate di circa il 60%, ma in maniera diseguale in funzione dei vari gruppi di reddito. Il 40% della popolazione mondiale, con un reddito medio, ha diminuito le proprie emissioni di circa l’1,2%, mentre l’1% più ricco ha visto aumentarle dell’80%.

Allo stato attuale poco più della metà delle emissioni di CO2 viene generata dal 10% più ricco del pianeta.

Giustizia climatica e giustizia sociale sembrano così inscindibili. Nell’ultimo rapporto dell’IPCC è specificato che nello scenario migliore dovremmo ridurre le emissioni climalteranti – a livello globale – del 43% rispetto al 2019. Inoltre, essendo il Nord Globale (Europa, USA, Australia e Nuova Zelanda) responsabile del 92% delle emissioni, l’Unione Europa dovrebbe quindi rivedere di molto al rialzo gli attuali obiettivi di riduzione delle emissioni (-55% al 2030 rispetto al 1990).

In un recente studio è stato poi dimostrato che per garantire un uso minimo di energia a tutto il mondo sarebbe sufficiente il 40% dell’energia che già attualmente produciamo, ma questo in uno scenario particolarmente egualitario. In un mondo fortemente diseguale, come quello attuale, l’energia necessaria per garantire delle forme minime di consumo raddoppierebbe.

Così per migliorare le condizioni di vita del 50% più povero, ad oggi il minor emettitore, e contestualmente avere maggiori possibilità di rientrare nel miglior scenario climatico, è necessario impattare le disparità economiche e climatiche insieme.

Inquinare non è un diritto

Il diverso livello di emissioni tra le varie fasce di reddito si spiega alla luce delle modalità differenti di consumo e soprattutto, secondo uno studio svizzero, sulla base dell’intensità e dei modelli di spostamento degli ultraricchi. Per questo motivo i jet privati non sono solo un simbolo, sono la dimostrazione dell’ipocrisia di un sistema che colpevolizza tutti gli individui per il collasso climatico, ma non limita i comportamenti più inquinanti. Sono la forma di spostamento più emissiva: o si vogliono raggiungere gli obiettivi internazionali per mantenere l'aumento di temperatura entro 1,5° o non si vuole farlo, tertium non datur. D'altronde non stiamo parlando di spossessare i ricchi delle loro ricchezze, gli stiamo soltanto costringendo in un lasso di tempo più che ragionevole a fare a meno dei loro jet privati per muoversi su un treno ad alta velocità o con un volo di linea. Per fare un esempio che riguarda l'Italia: una delle tratte più frequentate a livello europeo è l’italiana Roma – Milano (la più frequentata in Italia), servita dai treni ad alta velocità con una percorrenza di solo un’ora maggiore.

Per tutte queste ragioni abolire l’aviazione privata non solo è necessario, ma è anche doveroso per limitare i primi sprechi climatici che non hanno alcuna ragione di esistere, se non per gli stessi ultraricchi i cui modelli di consumo ci portando dritti dritti verso il collasso climatico.

84 CONDIVISIONI
512 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views