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Pamela, l’infermiera campionessa di boxe è cittadina italiana: “Ora posso dire che questa è casa mia”

Pamela Malvina Noutcho Sawa, infermiera a Bologna e campionessa di boxe nel 2021 ha ricevuto la cittadinanza italiana dopo 22 anni in Italia. “Ora posso dire finalmente ad alta voce che questa è casa mia”.
A cura di Chiara Ammendola
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Pamela Malvina Noutcho Sawa (foto Matteo Lepore)
Pamela Malvina Noutcho Sawa (foto Matteo Lepore)

Dopo 22 anni in Italia, Pamela Malvina Noutcho Sawa ha finalmente ottenuto la cittadinanza italiana. L'infermiera e campionessa di boxe, che vive a Bologna dove si è stabilita da qualche anno, e dove si divide tra il lavoro all'ospedale Maggiore e la passione per lo sport, ha firmato il giuramento da cittadina italiana che ha consegnato al sindaco della città. “Ora mi sento più a casa, è come se la mia identità fosse completa, ora posso dire ad alta voce ‘Questa è casa mia, sono italiana anch'io'”, le parole che la 30enne ha affidato a Fanpage.it.

Arrivata in Italia dal Camerun nel 2000 insieme alla sua famiglia, quando aveva solo 8 anni, Pamela ha vissuto prima in Umbria per una decina d'anni e poi si è trasferita nel capoluogo emiliano per frequentare l'università. È nel 2015 che si è approcciata alla boxe durante un tirocinio svolto all'interno di una struttura dedicata a persona adulte in condizioni di marginalità sociale. Una passione che l'ha portata a diventare, nel 2021, campionessa italiana della categoria 64kg, e ora con la cittadinanza la carriera potrebbe proseguire.

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“Ora posso pensare anche di ambire al titolo nazionale, che è una cosa che prima non potevo fare, e dopo quello potrei passare al titolo europeo. Mi si aprono tante porte che prima erano chiuse e sembravano impossibili da aprire – spiega a Fanpage.it – mi sento molto più libera di muovermi e di fare tante altre cose, ora ad esempio posso andare a trovare un'amica che vive in Inghilterra da anni e a cui finora non ho potuto far visita”.

Ma la cittadinanza per Pamela significa soprattutto casa e identità. “Io sono cresciuta qui visto che il Camerun l'ho lasciato quando avevo 8 anni – prosegue nel suo racconto – quindi ho costruito qui la mia identità, la mia vita. E crescere dicendo ‘Ok mi sento italiana' senza però essere realmente riconosciuta come tale fa male, ti fa sentire perso. Con la cittadinanza italiana mi sento a casa, è come se la mia identità fosse completa perché ciò che ho sempre considerato un pezzo di carta in realtà non lo è mai stato: ora posso dire ad alta voce ‘Questa è casa mia, sono italiana anch'io'. E a chiunque mi dica che non lo sono posso mostrargli i documenti che lo dimostrano ”.

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E poi l'appello affinché quello della cittadinanza smetta di essere un tema politico per diventare un diritto, così come dovrebbe essere: “Se proprio non vogliono facilitare questo processo per motivi politici, dovrebbero pensare alle generazioni che stanno crescendo e che non avranno una identità, ragazzi che non sanno da dove vengono ma nemmeno sanno in che paese stanno vivendo, non hanno certezze e noi giovani ne abbiamo già poche oggigiorno – conclude – sapere di appartenere a un luogo in qualsiasi posto andrò avrò sempre una casa in cui tornare è fondamentale: un domani se vorrò crescere i miei figli sarà in Italia e ora so di poterlo fare, perché è davvero casa mia”.

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