Omicidio Tolentino, l’ex marito metteva catene al frigo per paura di essere “avvelenato” dalla moglie

La metteva a dormire sul divano, chiudeva la camera a chiave e incatenava il frigorifero. Non si fidava più neppure del caffè che lei gli preparava. Aveva paura di essere avvelenato. Così Nikollaq Hudhra, 55 anni, raccontava a chi lo conosceva la sua ossessione: Gentiana voleva fargli del male. Un’idea fissa che si è trasformata in tragedia sabato sera a Tolentino, quando l’uomo ha ucciso con dieci coltellate la sua ex moglie, Gentiana Kopili, 45 anni, badante di origini albanesi e madre di due figli.
Secondo quanto emerso dal suo interrogatorio, l’omicidio è stato premeditato. Nikollaq è arrivato il giorno prima dall’Umbria, portando con sé un monopattino per muoversi inosservato e un coltello nascosto in una busta di plastica infilata nella tasca della tuta da lavoro. La mattina dell’aggressione aveva incontrato il figlio più giovane, e sapeva dove avrebbe potuto trovare Gentiana: ogni giorno percorreva quel tratto di strada per raggiungere l’abitazione dove prestava servizio come badante. Quando l’ha vista, l’ha seguita e colpita alle spalle. Dieci fendenti, forse anche senza estrarre l’arma dalla busta. Poi si è seduto su una panchina e ha detto: “Ora chiamate i carabinieri”.
Davanti agli inquirenti ha confessato: "Voleva avvelenare i figli e io dovevo salvarli". Una ricostruzione “lucida”, secondo la sua difesa. Ma gli investigatori stanno valutando la possibilità di una perizia psichiatrica. Resta però un fatto: l’omicidio è stato volontario, premeditato, e aggravato dalla crudeltà.
A Tolentino, il dolore è ancora vivo. Domenica sera amici, conoscenti e cittadini si sono riuniti nel punto in cui Gentiana è stata colpita a morte. Carmen Nunno, disabile in sedia a rotelle, era tra i presenti. Lei conosceva bene la 45enne. “Gentiana era una donna onesta, buona, umile, seria. Più di un’amica per me. Una sorella”, racconta. “Quando ha iniziato a lavorare da noi parlava pochissimo, era triste e non sapevo il motivo. Poi piano piano si è fidata e si è aperta. Mi raccontava tutto. Senza di lei non so come fare”.
Nunno ha deciso di organizzare una raccolta fondi per aiutare i figli di Gentiana, Samuel e Mario, di 23 e 21 anni. “Mi auguro che il Comune faccia qualcosa per questi ragazzi”, aggiunge. Sabato, giorno del femminicidio, Gentiana era andata a fare la spesa con Carmen. Lavorava ogni giorno, senza mai risparmiarsi. Prima si occupava del marito di Carmen, poi, anche dopo la sua morte, era rimasta a darle una mano in casa. “Lavorava giorno e notte, era dimagrita tanto, ma non si lamentava mai”.
Chi la conosceva la descrive come una donna riservata, instancabile, devota ai figli. “Viveva per loro – racconta tra le lacrime Elia Feliziani, con cui Gentiana collaborava assistendo la suocera, come riporta Il Resto del Carlino –. Pensava solo a garantire loro un futuro dignitoso. Pagava il mutuo, le visite mediche, ogni spesa necessaria. Non aveva neanche il tempo per chiedere aiuto”. Neanche la patente aveva: si muoveva sempre a piedi, anche sotto la pioggia, con l’ombrello nello zaino. E rifiutava passaggi per non disturbare. “Una donna rara – dice Elia –. Mai avremmo immaginato una fine così”.
A rendere ancora più tragico tutto questo è il passato difficile di Gentiana. Rimasta orfana della madre a nove anni, si era presa cura dei due fratelli fin da bambina. Uno di loro è rientrato in Italia per l’ultimo saluto; l’altro e il padre, rimasti in Albania, aspettano la salma, che sarà tumulata là.
Per due volte, tra il 2018 e il 2019, Nikollaq aveva denunciato Gentiana per tentato omicidio, convinto che volesse avvelenare lui e i figli. Le accuse erano state archiviate, ma lui aveva continuato a tormentarla. La isolava, la controllava, la umiliava. Gentiana aveva provato a rifarsi una vita, a liberarsi da quell’uomo che per anni aveva cercato di annientarla. Ma non ha fatto in tempo. Ha trovato la morte in una strada qualunque, sotto gli occhi di chi passava. E oggi, a Tolentino, resta il vuoto di chi non può più raccontare la propria storia.