“Dovete venire a riconoscere il corpo di vostra figlia”. Non era questo il messaggio che pensavano di ricevere dalla Francia i genitori di Costanza Sproviero, vent' anni, e Monica Amalfitano, diciotto, partite insieme tre giorni prima da Firenze per cambiare vita. I loro corpi erano stati ripescati da un canale a un centinaio di chilometri da Parigi dopo 72 ore dal loro arrivo in Francia. Solo Costanza aveva i documenti in tasca, Monica invece aveva solo un foglietto con poche parole stinte dall’acqua. Morte, annegate, un incidente, una tragedia. Così dicono, a caldo, i funzionari della Gendarmerie, mentre i giornali italiani si scatenano nelle più disparate ipotesi. Suicidio, duplice omicidio, fatalità, tutti vogliono sapere cosa facevano due ragazze come loro in un paese in mezzo al nulla nel nord est della Francia, a 160 chilometri da Parigi e pochi passi da un centrale nucleare.
La storia delle fiorentine morte nella Senna
Intanto, dopo l’autopsia, le famiglie riportano a casa le due ragazze in due bare su due mezzi diversi. Non si salutano, non si abbracciano, non condividono il dolore di quella perdita inaccettabile. Gli Sproviero e gli Amalfitano, a dire il vero, neanche si parlano e per le figlie vogliono due trasporti separati. Se nella vita sono state intime, nella morte non dovranno neanche stare vicine. A scavare dietro la ‘tragedia’, si scopre subito che le due famiglie non andavano d’accordo neanche prima della partenza delle ragazze, a Firenze.
Un legame contrastato
Entrambe si erano opposte con ogni mezzo alla partenza. Dove andavano Monica e Costanza? A fare cosa? Alla stazione di Firenze giovedì 9 giugno, Costanza viene accompagnata dalla famiglia che non sa che compagna di viaggio verso la Francia sarà l’amica Monica. Quando lo scopre scoppia una lite, ma Costanza insiste per partire e alla fine segue Monica con un altro convoglio dalla stazione di Pisa. I genitori intanto vanno dai Carabinieri a chiedere consiglio per quella figlia testarda, ma non c’è nulla da fare. Arrivate a Parigi, le ragazze lasciano i bagagli alla Gare de Lyon, poi di loro si perdono le tracce. Chi hanno incontrato? Avevano un appuntamento?
Dall'ippodromo di Firenze alla scuderia di Bordeaux
Agli amici fiorentini avevano detto che volevano trovare un lavoro. Monica, la maggiore, faceva piccoli lavori all’ippodromo fiorentino delle Cascine, aveva lasciato la scuola dopo la licenza media. Anche Costanza era in cerca di un posto fisso. Gli amici le ricordavano sempre insieme, nel loro mondo, poi quel progetto improvviso, repentino, di un viaggio in Francia, che aveva scatenato l’ira delle famiglie. Monica e Costanza avevano l'indirizzo di una scuderia a Bordeaux, a cinque ore da Nogent sur Seine, dove poi saranno ritrovate. Era nel mondo dell'ippica che avevano trovato un contatto?
L'indagine francese
Il procuratore Jacques Louvel, a capo dell’indagine, frena ogni complottismo. “Non è stato omicidio, sono cadute in acqua per una congestione”. Un duplice incidente per un duplice malore avvenuto in contemporanea. Strana spiegazione se si esclude l’omicidio, perché gli esami medico legali sul corpo hanno stabilito che nei polmoni delle giovani fiorentine c'era pochissima acqua. Niente acqua, niente annegamento. Monica e Costanza erano già morte quando sono cadute nel canale. È talmente assurdo che dopo qualche tempo anche la Procura di Troyes corregge il tiro e cerca un responsabile, ma senza sbilanciarsi, perché in Francia non si parla fino alla fine delle indagini. “Voi siete italiani, non potete sapere”, dicono alteri gli inquirenti francesi.
L'ipotesi: drogate e uccise
Intanto la stampa usa liberamente la parola omicidio e parla di una pista che dall’ippodromo di Firenze porta fino a Nogent, un paesello di provincia noto per due cose: la centrale nucleare e il traffico di stupefacenti. Droga, appunto, è quello che dopo un primo esame superficiale viene ritrovato nei corpi delle due ragazze. Eroina, per la precisione. Qualcosa per le due giovanissime turiste è andato storto e lo si capisce anche dai segni ritrovati sui cadaveri. Contusioni, piccole ferite che all’inizio vengono attribuite alla permanenza in acqua, forse a qualche urto, poi fanno parlare di violenza e, forse, di pestaggio. L’ipotesi è che una delle due ragazze possa essere morta accidentalmente e che l’altra sia stata uccisa per evitare che parlasse. Tra un’indagine italiana e una rogatoria internazionale, spunta anche la pista di una festa a base di droga finita male. L'incognita resta sempre la stessa: chi è stato?
L'epilogo
Nessuno parla, nessuno fornisce il minimo indizio su cosa stessero pianificando le due ragazze, tanto che in Italia viene ascoltato – e accusato di false dichiarazioni al pm – Enrico Cecconi, lo stalliere dell'ippodromo dove lavoravano Monica e Costanza, unico indagato nel caso delle due morti. Nel giro di qualche anno tutto finisce in una bolla di sapone. A Nogent è come se non fossero mai esistite, come se non fossero mai passate di lì. La cittadina della centrale Nucleare è tornata al suo operoso silenzio e delle due italiane non si parla più. La verità, dopo 25 anni, la conosce solo il canale Beaulieu nelle cui fredde acque è finito il sogno di libertà di Monica e Costanza. Una cosa solo, è certa. Non è stato il Beaulieu a ucciderle.