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Mihaela uccisa a coltellate a Quartu. I vicini: “Morte annunciata, lui le urlava ‘ti ammazzo’”

Il presunto assassino di Mihaela Kleics è stato rintracciato qualche ora dopo il ritrovamento del cadavere a Quartu Sant’Elena. I vicini: “Lui urlava: ‘ti ammazzo, ti ammazzo’, lei lo invitava ad andarsene. È una morte annunciata”.
A cura di Susanna Picone
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Mihaela è stata trovata sul suo letto, vestita, senza vita. È stata massacrata da almeno 30 coltellate e il delitto è stato scoperto solo quando sua sorella, dalla Romania, ha lanciato l’allarme, preoccupata perché non riusciva a rintracciarla. E ora i vicini di casa parlano di un finale quasi già scritto per l’ennesima vittima di femminicidio. Il corpo privo di vita di Mihaela Kleics, 50enne romena, è stato trovato ieri dai carabinieri al terzo piano di una palazzina di via della Musica a Quartu Sant’Elena, alle porte di Cagliari. Accusato di omicidio, è stato fermato qualche ora dopo il ritrovamento del cadavere il compagno, Sandro Sarais, 56enne sardo. L'uomo è attualmente piantonato all'ospedale Brotzu di Cagliari: quando i militari lo hanno raggiunto, lui ha tentato il suicidio tagliandosi gola e polsi.

I carabinieri di Cagliari avevano iniziato a cercarlo subito dopo aver scoperto l’omicidio: già in passato erano intervenuti per alcuni litigi e la vittima aveva anche presentato una denuncia formale. Quando sono arrivati nella casa in via della Musica e hanno aperto la porta, hanno scoperto che la casa era in ordine, l’uscio intatto. Nessuna traccia dell’uomo che da qualche mese viveva con la cinquantenne. Nelle scorse settimane, a quanto è emerso, i carabinieri erano stati chiamati dai vicini di casa, preoccupati per le urla che provenivano dall’appartamento della vittima. "Li abbiamo sentiti litigare – raccontano alcuni inquilini della palazzina – Lui urlava: ‘ti ammazzo, ti ammazzo', mentre lei lo invitava ad andarsene. È una morte annunciata". In passato era anche intervenuta un'ambulanza e i medici avevano medicato la donna.

Sandro Sarais è stato rintracciato nel tardo pomeriggio di ieri. Era in auto nelle campagne di Castiadas vicino a un cavalcavia a una trentina di chilometri da Cagliari. Dopo il tentativo di suicidio, l’uomo è stato trasportato in ospedale, dove è attualmente piantonato dai carabinieri in stato di fermo in attesa di essere ascoltato dagli inquirenti. Cordoglio per quanto accaduto è stato espresso dal presidente del Consiglio regionale Michele Pais, anche a nome dell'intera Assemblea sarda: “Ancora una volta dobbiamo piangere una vittima innocente uccisa da una mano assassina, l’omicidio di Quartu rievoca le morti di Quartucciu e le violenze gravi di Sennori, Tortolì e Cagliari. Una spirale di orrore che non si attenua: oggi è un altro giorno triste per l'Isola".

"L’ennesimo femminicidio del 2021 ripropone il solito schema: una donna subisce violenza dal partner, denuncia i maltrattamenti subiti, le forze dell’ordine intervengono addirittura sul posto e il partner ammette le violenze. Ma non succede niente. Nonostante il Codice rosso preveda che il magistrato ascolti la donna dopo 3 giorni. Nonostante sia evidente – per lo meno a chi lavora nei centri antiviolenza – che la cosa da fare è attivare immediatamente le misure di protezione. Che esistono. Sulla carta. Ancora una volta torniamo a ripetere che le leggi ci sono, che si sta anche facendo uno sforzo per migliorarle, ma che il problema resta invariato: perché chi le deve applicare non sempre lo fa. È venuto il momento per le istituzioni di assumersi la responsabilità per queste morti annunciate, per aver trattato con sufficienza le donne che denunciano la violenza, per non aver loro creduto, per non aver agito con la necessaria tempestività. Già una volta l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani – nel caso Talpis, per il quale è ancora aperta la procedura di sorveglianza rafforzata dell’Italia da parte del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa – proprio per non aver agito a tutela di Elisaveta Talpis, che aveva denunciato più volte le violenze del suo partner. Ma niente era stato fatto, e lui l’ha ridotta in fin di vita e ha ucciso il figlio che lei aveva avuto dal primo matrimonio, accorso in sua difesa. Non crediamo servano nuovi dispositivi. Quello che serve alle donne è essere ascoltate e credute dalle forze dell’ordine, è essere tutelate nei tribunali dove, spesso, subiscono ulteriore violenza. Con questo femminicidio, quello che salta agli occhi e ci indigna è ancora una volta la colpevole inazione delle istituzioni. Chiediamo di essere ascoltate, finalmente. Chiediamo che le istituzioni smettano di fare proclami, di elencare fantasiose misure di protezione. Chiediamo che, invece, si facciano garanti dell’applicazione delle leggi esistenti, delle misure di protezione, che – ormai lo sappiamo bene – possono salvare la vita alle donne che denunciano. E chiediamo che, mentre queste leggi vengono applicate, si realizzi un imponente piano di formazione per tutte e tutti coloro che hanno a che fare con la vita delle donne che vivono in situazioni di violenza. Una formazione che coinvolga i centri antiviolenza che da più di 30 affrontano la violenza maschile sulle donne e che sanno come contrastarla", così una nota di Antonella Veltri, presidente di D.i.Re.

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