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Covid 19

Il “raffreddore Omicron” ha fatto 9mila morti in un mese e non meritano di essere ignorati

Omicron la variante buona, che assomiglia a un raffreddore, ha ammazzato più di novemila persone in un solo mese. Ignorarle, sperando passi la tempesta, è il peggior modo di onorarle. E di affrontare questa fase della pandemia.
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9056 morti in un mese. Più del 5% del totale di tutti i morti di Covid da febbraio 2020. Sono i numeri di gennaio 2022, quelli di Omicron la variante buona, quelli del Covid che è diventato un raffreddore, quelli in cui abbiamo deciso che in nome della normalità, dell’economia, della socialità da ritrovare non si dovesse far nulla per provare anche solo a ridurli un po’. Quelli in cui abbiamo deciso che i morti si potevano tranquillamente ignorare.

Non è vero che li stiamo ignorando, diranno molti di voi. Ci siamo vaccinati. Abbiamo scaricato il Green pass. Ci facciamo tamponi al primo sintomo. Rispettiamo le quarantene. Ci mettiamo la mascherina anche all’aperto. E forse, avete ragione, questo non è niente. Però, nonostante tutto, sono morte 9056 persone e sono un po’ troppe per rubricarle a fisiologia, o per cavarcela con un “sarebbero morte comunque”, e “comunque sono morte COL covid, non PER covid”, e “comunque non si erano vaccinate, quindi fatti loro”.

Tutto legittimo, per carità. Però ignorare 9056 anime – abituatevi: lo ripeteremo ancora – e il dolore delle loro famiglie non ci fa onore. Non come Paese che ha pagato un prezzo enorme alla pandemia, nelle fasi più acute, e che sovente l’ha combattuta come comunità, talvolta inseguendola, talvolta riuscendo addirittura ad anticiparne il decorso, soprattutto quest’autunno con un’imponente campagna vaccinale e con prudenza nel mantenere misure di contenimento che altrove erano state improvvidamente abbandonate.

Questa volta, spiace dirlo, non la stiamo combattendo. Stiamo solo aspettando che passi, che la curva fletta e che Omicron immunizzi (o uccida) chiunque non si è vaccinato, nell’illusoria idea che tutto questo porterà a un’immunità di gregge che ci possa tenere al riparo da successive ondate, e che manderà in soffitta, definitivamente, tamponi, mascherine, distanze e restrizioni.

Spiace, ma non sarà così. Il Covid non finirà con Omicron, così come non è finito con Alfa e con Delta, così come non è finito ogni qualvolta qualche virologo ottimista ci ha raccontato che vedeva la luce in fondo al tunnel. Il Covid probabilmente si endemizzerà, presto o tardi, ma fino a che non vaccineremo l’altra metà del mondo sarà dura che accada. E fino ad allora, purtroppo, toccherà affrontarlo per quel che è: come un virus estremamente contagioso che se la lasciato libero di diffondersi uccide un sacco di gente.

A noi sta la scelta: se accettare che si diffonda e uccida o fare qualcosa per evitarlo. Se aprire gli occhi e assumere la consapevolezza che servano soluzioni di lungo periodo – dal lavoro remoto a una didattica mista che funzioni, dalla progettazione di nuovi modi per spostarsi in città o tra i continenti, sino alla necessità di dotarsi, e di dotare il mondo, di un sistema sanitario in grado di reggere l’urto di una pandemia. L’abbiamo fatto dopo l’11 settembre del 2001, se ci pensate, e quelle regole ci accompagnano ancora ogni volta che prendiamo un’aereo. Oggi no. Oggi, dopo due anni di stato d’emergenza, stiamo ancora aspettando che passi la tempesta, e stiamo convincendoci che il mostro scompaia se facciamo finta che non esiste più. E intanto 9056 persone che a San Silvestro c’erano ancora, oggi non ci sono più. Basta, per riaprirli?

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro. 15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019)
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