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Il problema non è vendere il Mein Kampf, ma non spiegare cos’è (magari leggendo altro)

Non mi fa paura, Mein Kampf. Mi terrorizza che nessuno abbia pensato di far leggere anche altro. Non mi fa paura il virus, mi terrorizza se so che non c’è un vaccino.
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Una copia del libro ‘Mein Kampf‘ di Adolf Hitler giace nella mia libreria da almeno vent'anni, insieme a decine d'altri volumi, di tutt'altro genere e teorie. A Napoli a un certo punto questi libri si vendevano sulle bancarelle a 3mila lire. C'era quello «del nazista», c'era il ‘Diario' di Anna Frank, c'era ‘Frijenno magnanno‘ (friggendo e mangiando, locuzione che in dialetto napoletano vuol dire rapidamente), il libro delle ricette napoletane – che pure spopolava, insieme alla Smorfia per giocare al Lotto. Ma la parte del leone la faceva ovviamente lui: Hermann Hesse col suo ‘Siddharta' che all'epoca si portava tantissimo. Siccome i tipi Adelphi costavano troppo per le tasche adolescenziali degli adolescenti amanti della letteratura come me, per far colpo sulle ragazze toccava acquistare quello pezzotto. Già, forse ho dimenticato di dirlo: erano tutti libri fasulli. O meglio, taroccati, con copertine inventate dalla grande industria del falso a Napoli e venduti a pochi spicci, in barba alle norme sul diritto d'autore. E fra loro c'era anche il bestseller del Führer.

Racconto questo perché oggi, anno 2016, quando ormai la mia adolescenza è bella che è passata, posso dire con ragionevole certezza e senza timore di smentita, di non essere diventato un nazista. No, decisamente non lo sono diventato, la lettura del libro di Hitler – che oggi un giornale italiano vende in edicola, scatenando non poche polemiche – non mi ha traviato. Non sono andato in giro con manganelli, non ho piazzato poster imbarazzanti in casa, né ho fatto brutti tatuaggi.

È un caso? Sono più intelligente o più bravo o più comunista degli altri? Penso che la ragione di una solida argomentazione e delle convinzioni, dei princìpi, risieda in quello che hai studiato e che hai letto da ragazzo. Allora sono stato fortunato: i miei genitori e i miei insegnanti avevano fatto il loro ‘lavoro'. A scuola anziché ‘I Promessi Sposi' di Alessandro Manzoni leggemmo ‘Se questo è un uomo'  e ‘La Tregua' di Primo Levi. Fu questo che cambiò tutto. Acquistai Mein Kampf solo per capire fin dove si poteva spingere la pianificazione dell'orrore.

Crebbi, andai a Gerusalemme, entrai nello Yad Vashem, il luogo che in Israele ricorda la Shoah, l'Olocausto, lo sterminio. A Berlino visitai il ghetto e lo Jüdisches Museum Berlin, il museo ebraico più grande d'Europa. Questo avvenne però quando una coscienza e una posizione sull'argomento ce l'avevo già.

Cito Danilo Dolci: «Ciascuno umilmente si informi / umile ma responsabile riferisca a chi non sa: / dai campi con i cartelli a quelli nuovi, più ipocriti / Auschwitz sta figliando nel mondo / Non sentite l’odore del fumo? I figli pur diversi gli somigliano».

Abbiamo creato questo cordone di sicurezza culturale che impedisce ai totalitarismi di attecchire nella mente dei più giovani? Io dico in parte sì e in parte assolutamente no. Abbiamo sufficientemente spiegato il valore del libro di Hitler contrapposto a quello di chi, uscito dai campi portò per una vita il peso della memoria, a volte troppo pesante? Ripeto: «Ciascuno umilmente si informi, umile ma responsabile riferisca a chi non sa». Abbiamo forse dato per scontato che tutti sapessero, che era troppo facile sapere: tanto c'è internet e basta Wikipedia.

E invece no, non è  così semplice, non è così facile. Tant'è che una trovata di marketing editoriale ci manda in crisi.

Sia chiaro, a me non è piaciuto vedere in edicola il libro di Hitler nel giorno dello shabbat, l'ho trovato profondamente irrispettoso. Ma non è agitando lo spettro del mostro che riusciremo ad allontanarlo: in Germania, dove c'è da anni una polemica feroce sull'opportunità di ristampare o meno il Mein Kampf, l'idea sulla quale concordano molti è stata quella di riprodurne una edizione critica, glossata e contestualizzata storicamente, alla luce di quel che oggi sappiamo.

Non mi fa paura, Mein Kampf. Mi terrorizza che nessuno abbia pensato di far leggere anche altro. Non mi fa paura il virus, mi terrorizza se so che non c'è un vaccino.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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