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Gli “uomini d’onore” che scappano dai bambini investiti

La morte dei due cugini a Vittoria non è solo la storia di un tragico incidente. Su quell’auto c’erano i due rampolli di famiglie che a Vittoria riportano subito a Cosa Nostra e alla Stidda, le due mafie che tengono sotto scacco la città. E raccontano benissimo come gli “uomini d’onore” siano ben altro rispetto a quello che si racconta.
A cura di Giulio Cavalli
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Alla fine è morto anche Simone. Proprio nel giorno in cui si sono celebrati i funerali del cugino Alessio la città di Vittoria, in provincia di Ragusa, ha ricevuto la terribile notizia. Eppure dentro la tragica e terribile vicenda del SUV che ha falciato i due bambini mentre giocavano sul marciapiede fuori casa c'è anche un'altra storia, quella che il giornalista Paolo Borrometi sta provando a urlare con forza, che merita di essere raccontata per intero. Quello di Vittoria non è un semplice incidente, no. Lì dentro c'è anche un pezzo della cappa mafiosa che soffoca la città e che puzza di tutta la prepotenza e del senso di impunità che hanno i cognomi di quelli che contano, in zona.

Alla guida del veicolo c'era Rosario Greco che a Vittoria è soprattutto il figlio di Emanuele Greco (detto Elio) indicato dalla Procura come boss di Cosa Nostra nella zona. Emanuele Greco appena un anno fa ha subito un sequestro di beni per quasi 35 milioni di euro e molte delle aziende erano intestate proprio al figlio "Saro". Emanuele Greco era già stato rinviato a giudizio per la sua partecipazione (dal 2012 al 2017) alle attività mafiose del clan Rinzivillo e era in stretto contatto con elementi di spicco del sodalizio mafioso della Stidda del clan Carbonaro- Dominante, operanti nel settore degli imballaggi destinati alle produzioni ortofrutticole di Vittoria. Non è solo "un guidatore ubriaco e drogato", no: a Vittoria porta un cognome di quelli che contano e che fanno abbassare gli occhi.

Storia simile a quella di Angelo Ventura, figlio di Giambattista "Titta" Ventura: il pluripregiudicato Gianbattista Ventura, fratello di Filippo Ventura, ritenuto il capomafia di Vittoria, è stato in passato condannato per omicidio, associazione per delinquere, traffico di droga, porto illegale di armi. A Borrometi, che da tempo vive sotto scorta, Ventura ha anche scritto pubblicamente: «Ti scipperò la testa anche all'interno del commissariato di Vittoria. Da ora in poi sarò il tuo incubo». Un "boss" in attesa di processo.

In quell'auto quindi c'erano i due preziosi rampolli della storia mafiosa della città, per questo dietro alla morte di Alessio e Simone c'è anche l'odore dell'arroganza con cui la mafia tiene sotto scacco il territorio e anche se i suoceri di Angelo Ventura insistono che sia solo un caso è curioso (e terrificante) che i due figli degli uomini forti della città fossero insieme durante l'incidente mortale.

E poi c'è un punto che forse vale la pena sottolineare: questi uomini d'onore che non disdegnano di sfidare lo Stato (e i giornalisti) continuano a rivendersi come esempi di forza e di coraggio e invece di fronte a due ragazzini quasi morti sul marciapiede non trovano di meglio da fare che provare a scappare vigliaccamente. Perché in fondo è una questione di dna: la mafia è un'insulsa vigliaccheria che si spreme per mostrare la sua faccia feroce. Anche sulla pelle dei bambini.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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