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“Diteci dove l’ha sepolta”: il marito di Guerrina Piscaglia lancia un nuovo appello a 11 anni dalla scomparsa

A dieci anni dalla scomparsa di Guerrina Piscaglia, il marito Mirco Alessandrini lancia un nuovo appello a padre Gratien, condannato a 27 anni per l’omicidio: “Diteci dove l’ha sepolta, vogliamo un luogo dove piangerla e portarle un fiore”. Il corpo non è mai stato ritrovato.
A cura di Biagio Chiariello
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Padre Gratien Alabi e Guerrina Piscaglia
Padre Gratien Alabi e Guerrina Piscaglia

Undici anni sono passati da quel primo maggio 2014, ma per Mirco Alessandrini, marito di Guerrina Piscaglia, il tempo sembra essersi fermato. Il dolore della perdita si è intrecciato con l’angoscia dell’attesa, con il silenzio che avvolge ancora oggi il destino di sua moglie. E ora, a dieci anni esatti dalla scomparsa, l’uomo torna a rivolgersi pubblicamente all’unica persona che potrebbe mettere fine a questa lunga agonia: padre Gratien Alabi, il sacerdote congolese condannato in via definitiva per l’omicidio e la soppressione del cadavere della donna.

"Vorrei che dicesse dove ha messo Guerrina, che ci dicesse dove l’ha sepolta. Così potremmo portarla al cimitero, avere un posto dove piangerla e portarle un fiore", ha detto Alessandrini in un’intervista rilasciata al Corriere Fiorentino, con la voce di chi non cerca vendetta, ma solo pace. Un luogo dove sostare, dove rivolgere una preghiera, dove far continuare il dialogo interrotto troppo presto con una moglie, una madre, una donna sparita nel nulla.

Nonostante una condanna a 27 anni di reclusione, emessa il 24 ottobre 2016, il corpo di Guerrina non è mai stato ritrovato. Padre Gratien ha sempre professato la sua innocenza, negando ogni responsabilità e, soprattutto, rifiutandosi di fornire indicazioni sul luogo in cui si troverebbero i resti della donna. Un silenzio che pesa come un macigno su tutta la famiglia Piscaglia e che continua a tenere sospesa la verità.

"Mi auguro che prima o poi dica la verità. È l’unico che può farci sapere dove si trova Guerrina", ha aggiunto Alessandrini, che in questi dieci anni non ha mai smesso di cercare risposte. Per lui, più che una condanna, conta il diritto di poter portare un fiore su una tomba, chiudere un capitolo di dolore infinito con il gesto semplice e umano della sepoltura.

La scomparsa di Guerrina: un primo maggio di silenzio

Era il primo maggio 2014 quando Guerrina Piscaglia, 50 anni, scomparve nel nulla a Ca’ Raffaello, una frazione montana nel comune di Badia Tedalda, al confine tra Toscana, Marche e Romagna. Quel giorno avrebbe dovuto recarsi a una visita medica a Sansepolcro. Non ci arrivò mai. Da allora, nessuno l’ha più vista.

Le prime ricerche non portarono a nulla. Nessun corpo, nessuna traccia evidente. Solo ipotesi, segnalazioni e tanti, troppi punti oscuri. Finché l’attenzione si concentrò su una figura insospettabile: padre Gratien Alabi, detto “Graziano”, sacerdote della parrocchia che Guerrina frequentava. Tra i due, secondo gli inquirenti, c’era un rapporto più stretto di quanto apparisse in pubblico.

Le indagini, la condanna di padre Gratien e quel corpo mai trovato

Dalle indagini emersero scambi di messaggi, incontri e testimonianze che portarono la Procura a ricostruire un possibile scenario: Guerrina sarebbe stata uccisa e il suo corpo occultato per nascondere la relazione clandestina con il prete. Il movente, secondo l’accusa, sarebbe stato legato al timore di uno scandalo.

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Il 24 ottobre 2016, il tribunale di Arezzo condannò padre Gratien a 27 anni per omicidio volontario e soppressione di cadavere. La sentenza è stata confermata in appello e in Cassazione. Tuttavia, il sacerdote non ha mai ammesso il delitto, né ha indicato dove avrebbe occultato il corpo. Nessuna confessione, nessun passo indietro. Solo silenzio.

Una famiglia sospesa nell’attesa da 10 anni

Per Mirco Alessandrini e per il figlio, che oggi è diventato adulto, quel silenzio è il dolore più grande. "Non cerchiamo vendetta", ripete. "Vogliamo solo sapere dove riposa Guerrina".

A dieci anni dalla scomparsa, il desiderio non è cambiato: un cimitero, una lapide, un nome inciso sulla pietra. Perché finché non c’è un corpo, il lutto resta in sospeso. E l’assenza continua a fare più rumore del silenzio.

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