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Cosa rischia l’uomo che ha investito volontariamente e ucciso la cagnolina Nina ad Alcamo

Aveva solo 4 anni Nina, la cagnolina accudita e assistita da alcuni volontari in un cantiere ad Alcamo, in provincia di Trapani, investita deliberatamente e uccisa da un’auto. Fanpage.it ha intervistato Michele Pezone, avvocato e responsabile Diritti Animali della LNDC Animal Protection, associazione che ha denunciato il fatto, per parlare delle conseguenze in cui potrebbe incorrere l’autore del gesto.
Intervista a Michele Pezone
Avvocato e Responsabile Diritti Animali della LNDC Animal Protection.
A cura di Eleonora Panseri
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Aveva solo 4 anni Nina, la cagnolina che viveva in un cantiere ad Alcamo, in provincia di Trapani, investita deliberatamente e uccisa da un'auto. Secondo quanto si apprende, l'uomo alla guida della vettura sarebbe un pensionato di 70 anni, già identificato dalle forze dell'ordine.

A denunciare il gravissimo episodio è stata la LNDC (Lega Nazionale per la Difesa del Cane), uno dei volontari dell'associazione era tra le persone che si prendevano cura della cagnolina. Fanpage.it ha intervistato l'avvocato Michele Pezone, responsabile Diritti Animali della LNDC Animal Protection, per parlare delle conseguenze in cui incorrerà l'autore del gesto.

L'avvocato Michele Pezone, Responsabile Diritti Animali della Lndc Animal Protection.
L'avvocato Michele Pezone, Responsabile Diritti Animali della Lndc Animal Protection.

Avvocato, quali sono le pene applicabili in questi casi?

Gli articoli del Codice Penale di riferimento sono il 544 bis per quanto riguarda l'uccisione di animale, per i maltrattamenti invece si fa riferimento al 544 ter. Il primo prevede una pena massima di 2 anni di reclusione, mentre per il secondo è prevista la reclusione fino a 18 mesi (e una sanzione pecuniaria fino a 30mila euro di multa). Fino al 2004 le pene erano addirittura ben più blande, ma con la legge 189 queste figure di reato sono state qualificate come delitti veri e propri.

Attualmente sono in discussione in Parlamento delle proposte di legge che prevedono un inasprimento notevole di queste pene che si sono rivelate, nel corso degli anni e con le applicazioni nei tribunali, ancora insufficienti. Se queste proposte dovessero diventare leggi vere e proprie, le pene per l'uccisione e il maltrattamento potrebbero arrivare rispettivamente fino ai 6 e i 5 anni.

Bisogna però dire che ci sono una serie di strumenti che vengono definiti, con gergo tecnico, ‘deflattivi': per i reati che sono puniti con pene al di sotto dei 4 anni si può accedere a una serie di istituti, come la messa alla prova e uscire praticamente indenni. Il magistrato non viola le norme, semplicemente ce ne sono alcune che permettono di potersela cavare con pene molto blande.

Se partiamo già da una pena bassa, visto che per l'uccisione ‘con crudeltà o senza necessità' sono previsti da 4 mesi a 2 anni, è evidente che la risposta sanzionatoria è molto blanda. Noi non siamo giustizialisti, ma questi sono quei casi in cui emerge in modo lampante la necessità di avere delle pene adeguate alla gravità dei fatti che vengono commessi.

La morte di Nina è stata ripresa in un video: che peso ha questo elemento?

A noi sembra che il video sia assolutamente eloquente. Poi ci sarà ovviamente la valutazione del magistrato che dovrà valutare se ci sia stata o meno una volontarietà, ma a noi sembra che da questo video si possa desumere in modo palese: c'è una macchina che sterza verso il cane e non si ferma dopo l'investimento.

Il video assume in questo caso un'importanza assolutamente centrale. Spesso vengono visti in udienza, è una nostra precisa richiesta quella di poter visionare filmati insieme al giudice, per trarne poi le conclusioni. Dalle informazioni che abbiamo, chi era alla guida della macchina è già stato identificato e avremo conferma di queste notizie una volta che potremmo leggere gli atti ufficiali

Come si è mossa la vostra associazione?

Noi abbiamo già sporto denuncia ed è la prima cosa che possiamo fare in questi casi, chiedendo anche di essere notiziati in caso di richiesta di archiviazione. Questo ci permette di intervenire qualora ci fossero decisioni che non ritenessimo condivisibili. E poi ci costituiremo parte civile per chiedere una condanna adeguata quando ci sarà il processo, fermo restando che ci potrebbe essere un accesso agli strumenti che permettono di non andare incontro a una sanzione penale.

Dico anche che per noi non è un fatto secondario che un animale venga trucidato con questa brutalità e che non ci sia la possibilità di intervenire subito. In altri casi ci sono misure cautelari che possono essere applicate. Invece persiste ancora una visione di minore rilevanza di questi fatti, che sono invece di primario allarme.

Lei come si spiega questo gesto così crudele?

Questi fatti sono occasioni che servono come segnali d'allarme alla politica ma anche per sensibilizzare l'opinione pubblica. Purtroppo, ci sembra di constatare che esista oggi una cattiveria diffusa e una sorta di scollamento rispetto alla giusta considerazione per il rispetto alla vita degli animali e di tutti.

È un problema culturale, soprattutto in quegli ambienti in cui ancora persiste la concezione ‘arcaica' del cane tenuto alla catena che deve fare il guardiano di casa e a cui non si fa nemmeno una carezza, come se non fosse una vita. Una visione tipicamente legata al passato che però molte persone ancora oggi ereditano.

E anche nelle fasce d'età più giovani, che maltrattano e uccidono gli animali e poi mettono i video su TikTok, c'è questa tendenza ad avere poco rispetto. Ricordo ancora il caso di un piccione ferito trovato da un ragazzo che, per un atto di ‘divertimento', insieme ad amici che lo hanno filmato, ha sbattuto la testa di questo animale contro una ringhiera, fino a decapitarlo.

Il processo, partito da una nostra denuncia, si è concluso con una richiesta di proscioglimento per la ‘tenuità del fatto' accettata dal giudice per l'indagine preliminare di Rieti. Ed è finita così. Per noi questi sono segnali che non tengono nella giusta considerazione il valore del rispetto della vita e sulla possibilità che da questi reati si possa passare anche a reati più seri. Questo è un settore in cui la sensibilità del magistrato fa la differenza.

Cosa deve fare chi assiste o ha notizie di maltrattamenti sugli animali?

In questo caso abbiamo avuto l'ausilio della telecamera, ma non solo. Un nostro volontario ha subito allertato le forze dell'ordine, muovendosi tempestivamente. Noi abbiamo un indirizzo avvocato@lndcanimalprotection.org a cui riceviamo segnalazioni di maltrattamenti e abusi.

In molti casi però c'è bisogno di avere anche la testimonianza per far andare avanti le indagini e a quel punto spesso si preferisce non esporsi. E invece la nostra richiesta è sempre quella di essere sempre pronti a denunciare e riferire a un magistrato le cose di cui si è a conoscenza. Questa forma di collaborazione consente di salvare tante vite.

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