Condannato a 30 anni per omicidio, si converte e prende i voti in carcere a Reggio Emilia
Dedito ad alcol e droga e condannato a 30 anni di carcere per omicidio, in cella, dove sta scontando la sua pena, ha ritrovato non solo la fede ma addirittura la vocazione e ha deciso infine di prendere i voti di povertà, castità e obbedienza. È il singolare percorso di vita di detenuto del carcere ‘La Pulce' di Reggio Emilia, un 40enne che sabato scorso ha ricevuto i voti direttamente dalle mani del vescovo Massimo Camisasca. "È la prima volta che vedo una conversione in carcere”, ha ammesso il numero uno della Diocesi locale secondo il quale nel gesto dell’uomo c’è qualcosa di “luminoso”. Questo però non significa che avrà un trattamento di favore rispetto agli altri. “La sua storia non ha incidenza sul processo, sarebbe assolutamente contrario allo scopo” ha spiegato infatti il vescovo.
La storia del detenuto resta però decisamente fuori dal comune. La sua vocazione infatti nasce fin dall’adolescenza tanto che da ragazzo gli amici e i compagni di scuola lo chiamavano ‘don' per il suo desiderio di diventare sacerdote. Una vocazione che però si è spenta di fronte alle difficoltà della vita che lo hanno portato su una strada completamente opposta fatta di abuso di alcol e droga. Poi la terribile vicenda dell’omicidio quando uccise un uomo in seguito a una rissa, in stato di ebbrezza e sotto effetto di cocaina. Una terribile vicenda che lo ha portato in cella a scontare una pena di trenta anni ma che lo ha riportano anche sula strada della fede.
Proprio in carcere il 40enne ha scoperto con gli anni di nuovo la sua vocazione sfociata poi nei voti anche grazie a don Daniele Simonazzi, il cappellano della casa circondariale di Reggio Emilia che così lo descrive: “È un uomo molto umile, ha ripreso in mano il vangelo seriamente, ed è ora un esempio anche per me". La prima svolta in realtà c’è sta già durate il processo quando, come sottolinea il vescovo, si è opposto all’avvocato di dichiararsi incapace di intendere e di volere e si è presentato come colpevole e responsabile. “Il secondo è stato offrire la sua vita per la persona che era stata uccisa attraverso la preghiera costante per la vittima. “Scrive che d'ora in poi pregherà per la persona uccisa. Ha ripreso in mano il vangelo e nei testi che mi ha dato rivela una conoscenza di studi teologici" ha spiegato il vescovo.