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Caso parà Emanuele Scieri, la mamma in aula: “Vogliamo la verità. Venne ucciso, non fu suicidio”

Isabella Guarino, madre di Emanuele Scieri: “Dal primo momento abbiamo capito che era successo qualcosa a Emanuele, non abbiamo mai creduto al suicidio e abbiamo cercato la verità”.
A cura di Davide Falcioni
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Lele Scieri
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"Dal primo momento abbiamo capito che era successo qualcosa a Emanuele, non abbiamo mai creduto al suicidio e abbiamo cercato la verità". Sono le parole pronunciate ieri da Isabella Guarino, madre di Emanuele Scieri, il paracadutista di 26 anni il cui cadavere fu trovato nella caserma Gamerra di Pisa il 13 agosto 1999.

La donna è intervenuta ieri davanti alla Corte d'Assise di Pisa e davanti ai magistrati ha ricordato la tragedia di ormai quasi 24 anni fa, in particolar modo il silenzio del generale Enrico Celentano sul corpo del giovane siciliano: "Non lo scorderò mai. Sono io che andai incontro a loro invece che il contrario, come è potuto capitare che mio figlio sia morto e per tre giorni nessuno se ne sia accorto".

Appena arrivato a Pisa dopo il Car svolto a Firenze, la sera del 13 agosto 1999 Emanuele Scieri uscì con alcuni compagni di caserma ma il suo rientro non venne mai registrato: quella notte infatti precipitò dalla torre in un'area dismessa della caserma e lì fu lasciato agonizzante fino al ritrovamento tre giorni dopo, quando era ormai morto.

Come fu possibile? E cosa accadde quella notte d'estate del '99? Un processo celebrato con rito abbreviato ha assolto Andrea Antico, Enrico Celentano e Salvatore Romondia, tutti accusati a vario titolo di aver provocato e coperto la morte di Emanuele. Contro tali assoluzioni però la procura pisana ha depositato ricorso in appello. Nel frattempo continua il giudizio contro gli altri due imputati, i due ex caporali Luigi Zabara e Alessandro Panella, e nelle prossime udienze verranno ascoltati i testi della difesa.

L'ipotesi della Procura di Pisa è che dopo essere stato sorpreso a fare una telefonata con il cellulare prima di entrare in camerata, Scieri sia stato costretto dai commilitoni a "effettuare subito numerose flessioni sulle braccia" e gli stessi "mentre le eseguiva lo avrebbero colpito con pugni sulla schiena" comprimendogli "le dita delle mani con gli anfibi, per poi costringerlo ad arrampicarsi sulla scala di sicurezza della vicina torre di prosciugamento dei paracadute, dalla parte esterna, con le scarpe slacciate e con la sola forza delle braccia". Il paracadutista sarebbe poi caduto dalla scala "a causa dell’insostenibile stress emotivo e fisico subìto, provocato dai tre superiori".

Fu così che andarono le cose? Isabella Guarino ieri ha dichiarato: "Volevo esserci per contribuire alla ricerca di questa verità che cerchiamo da tanti anni, anni pesanti come i primi giorni, pare che il tempo non passi e il dolore resta sempre lo stesso. Dal primo momento abbiamo capito che era successo qualcosa a Emanuele, non abbiamo mai creduto al suicidio e abbiamo cercato la verità. Quando era arrivato da Scandicci a qui era contento, e noi tranquilli di vederlo così. Non smetteremo di lottare".

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