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Bologna, licenziato il portavoce dei riders dopo uno sciopero

Tommaso Falchi, portavoce di Riders Union Bologna, è stato licenziato dopo uno sciopero che aveva l’obiettivo di ottenere maggiori tutele per i ciclo fattorini che ogni giorno consegnano cibo in bicicletta lungo tutto lo stivale. Falchi e altri cinque dipendenti hanno ricevuto nei giorni scorsi il benservito tramite raccomandata, nella quale si giustificava il licenziamento per motivi disciplinari.
A cura di Beppe Facchini
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In prima linea nelle trattative con governo, piattaforme di food delivery e sindacati, con l’obiettivo di ottenere maggiori tutele per i ciclo fattorini che ogni giorno consegnano cibo in bicicletta lungo tutto lo stivale, Tommaso Falchi, portavoce di Riders Union Bologna, è stato licenziato dopo uno sciopero. Impiegato fino al 31 luglio scorso della Sistemi Integrati Srl, azienda milanese che ha in appalto le consegne a domicilio per i supermercati Carrefour e Pam del capoluogo emiliano, Falchi e altri cinque dipendenti hanno ricevuto nei giorni scorsi il benservito tramite raccomandata, nella quale si giustificava il licenziamento per motivi disciplinari. Ma in realtà, secondo Falchi e il sindacato Adl Cobas, al quale sono iscritti tutte e sei i lavoratori mandati casa, “questo licenziamento è una diretta conseguenza allo sciopero di 3 ore del 4 luglio, alla quale Sistemi Integrati aveva già risposto con la sospensione dei lavoratori con argomentazioni futili e per almeno 2 lavoratori del tutto false”. A denunciarlo su Facebook è la stessa organizzazione sindacale, che, sempre nel suo post, si chiede: "Non è quindi stato un pretesto per eliminare la parte sindacalizzata dei lavoratori e poter quindi continuare ad utilizzare lavoratori interinali con contratti da 15 ore come ci siamo trovati ad ottobre 2016 quando i lavoratori si rivolsero a noi? L'azienda continua a negare, ma per noi non ci sono dubbi”.

“Denunciamo pubblicamente la gravità della situazione e chiediamo con forza l'immediato ritiro dei licenziamenti e il reintegro al lavoro di tutti e 6 i fattorini –continua il sindacato-. Inoltre chiediamo a tutti i clienti di Pam e Carrefour sostegno e supporto nella nostra battaglia, contro questi assurdi e vergognosi licenziamenti, non ordinando più la spesa a domicilio e facendo pressione ai direttori dei punti vendita che usufruiscono del servizio, perché i lavoratori vengano reintegrati, fino ad allora Carrefour e Pam saranno complici di questa situazione. Lo sciopero è un diritto, licenziare i lavoratori per questo è un sopruso”.

“Prima di tutto preciso che si tratta dell’altro lavoro che faccio, oltre al rider, anche se più o meno le due professioni sono collegate, in quanto si tratta sempre di food delivery” spiega lo stesso Tommaso Falchi, ventottenne originario di Empoli e ciclo fattorino sotto le Due Torri da cinque anni, contattato da Fanpage. “Da quattro anni lavoravo per questa azienda, con contratto a tempo indeterminato: ci muoviamo con un furgoncino, coordinati da Milano tramite un’applicazione che ci segnala dove portare la spesa, ed è proprio questo furgoncino ad essere diventato il pretesto per il licenziamento. L'’azienda –continua Falchi- ci accusa di appropriazione indebita, perché durante le due ore di sciopero i furgoni utilizzati per le consegne erano parcheggiati, ma è una cosa ridicola: noi eravamo fermi coi mezzi per un presidio, non li abbiamo mica usati per fare dei giri per conto nostro”.

Dal canto suo, la Sistemi Integrati Srl, nella lettera di licenziamento, ha invece giustificato così la propria decisione: “L’appropriazione e l’utilizzo del mezzo destinato al servizio di consegna per partecipare ad una manifestazione nel corso di uno sciopero, oggetto della contestazione disciplinare, non hanno nulla a che fare con il legittimo esercizio della libertà sindacale, ma rappresentano un comportamento gravissimo di rilevanza penale”.

“Gravissimo è l'atteggiamento dell'azienda -replica Falchi-. Secondo loro non dovevamo avere il furgone durante il presidio e tutto questo ha compromesso il rapporto di fiducia dell’azienda nei nostri confronti. Così prima ci hanno sospesi per sei giorni, durante i quali ci siamo rivolti ad un avvocato, poi è arrivato il licenziamento. Si tratta chiaramente di una scusa per far fuori i lavoratori che più davano fastidio: a Bologna e hinterland siamo in tutto 12 a fare consegne a domicilio per Carrefour e Pam, metà dei quali iscritti al sindacato Adl Cobas. E guarda caso sono proprio questi sei lavoratori ad essere stati mandati a casa. Insomma, la verità è che ci hanno licenziati per uno sciopero di tre ore. Una cosa paradossale”.

“Da un anno e mezzo con l’azienda c’era una vertenza per regolamentare i contratti e per sistemare alcune situazioni lavorative in sospeso, dalle turnazioni ai carichi delle spese. Qualcosa si era cominciata a muovere –continua il portavoce di Riders Union Bologna-, ma da tre mesi, senza alcun motivo, l’azienda ha smesso di rispondere e il tavolo è stato chiuso. Per questo abbiamo deciso di scioperare lo scorso 4 luglio. Non potendo dire apertamente che il vero motivo del licenziamento era lo sciopero, si sono attaccati al pretesto del furgone in modo strumentale, parlando di appropriazione indebita. Assurdo. Impugneremo la decisione dell’azienda e continueremo a protestare – continua Falchi-, muovendoci compatti sia dal punto di vista sindacale che legale. Pensiamo ci siano i margini per dimostrare che questo licenziamento, in realtà, è illegittimo”.

Metterci la faccia da quasi un anno per le rivendicazioni dei riders può aver influito in tutta questa situazione? “In azienda mi conoscono, sanno che partecipo in modo attivo a manifestazioni e tavoli di confronto: mi sono esposto molto rispetto alla questione riders e probabilmente è anche per questo che si è arrivati al licenziamento” dice ancora Tommaso Falchi. Ma a proposito di riders: “L’11 settembre saremo di nuovo al Ministero del Lavoro per scrivere il contratto di categoria, all’interno del quale cercheremo di inserire quante più tutele possibili (anche prendendo come spunto la carta dei diritti dei riders firmata a Bologna qualche mese fa, ndr). Foodora vuole andar via dall’Italia? L’ho letto anche io –conclude il portavoce dei ciclo fattorini bolognesi- però non ho ancora capito se questo annuncio è in realtà una mossa per posizionarsi meglio in vista del nuovo tavolo al ministero o se dietro ci sono altre ragioni. Di sicuro, qualunque cosa decida di fare Foodora, il nostro percorso non cambia. Forse hanno notato che attualmente in Italia c’è un governo più attento alla situazione dei riders, ma per ora non mi sbilancerei. Se però il motivo per cui vuole lasciare il Paese è legato a tutto questo, che se ne vada pure”.

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