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Bellomo arrestato, una vittima: “Mi facevo schifo da sola, con lui un nuovo bunga bunga”

Un vero e proprio stato di sudditanza e prostrazione psicologica delle vittime nei confronti dell’ex giudice barese del Consiglio di Stato. Questo emerge dagli atti dell’inchiesta. “Mi sentivo messa in vendita”, dice una ragazza, che punta il dito contro il “sistema Bellomo”. Il 49enne ora è ai domiciliari.
A cura di Biagio Chiariello
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“Mi vergogno molto per essermi fatta abbindolare. Sento che hanno ancora presa su di me e non voglio cascarci. Sono malati. Se saltasse fuori la storia sarebbe il bunga bunga 2015”. A parlare, come riporta il Messaggero, è una delle studentesse, vittime di Francesco Bellomo, ex giudice barese del Consiglio di Stato, ora agli arresti domiciliari per i reati di maltrattamento nei confronti di tre borsiste e una ricercatrice – cui aveva imposto anche un dress code – e per estorsione aggravata ai danni di un’altra corsista. Minigonna e tacco 12, obbligo di rispondere al telefono entro il terzo squillo, punizioni in caso di violazione del codice di comportamento, e richieste di scuse da pronunciare in ginocchio. Questo si legge nell'ordinanza di custodia cautelare della magistratura barese nei confronti di Bellomo. Tra gli atti dell'inchiesta, rileva il giudice per le indagini preliminari di Bari Antonella Cafaglia, emerge un vero e proprio stato di sudditanza e prostrazione psicologica delle vittime. L’ex giudice è indagato anche per i reati di calunnia e minaccia ai danni dell’attuale presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte.

“Non so che visione abbia per le donne, ma le foto che mi faceva fare parlano chiaro. Mi vergognavo delle foto che sono stata costretta a mettere, mi facevo schifo da sola, mi sentivo messa in vendita” dice la giovane. Una borsista confida alla sorella di aver sottoscritto “un contratto di schiavitù sessuale”. Basta uno scambio di like su Facebook e l'allieva è “scientificamente una prostituta”, sanzionata con l'esclusione dal corso.

I messaggi inviati alle ragazze

Un messaggio inviato da Bellomo nel dicembre 2015: “Non è normale che rientri a mezzanotte, la fiducia con te è sprecata, addio uscite serali e il resto. Questo significa avere accanto un animale, perché tu sei così. Gli animali non conoscono dispiacere, è l'ennesima riprova del tuo Dna malato. Agisci come un selvaggio, ignorando le regole. E mentre attendevo che ti facessi viva mi sono fatto una lesione al pettorale, perché ho perso la concentrazione”. Ad una giovane (diventata poi gip), conosciuta su un sito di incontri prima dell'esame da magistrato, scrive nel 2016: "Il viaggio a Roma (pur rappresentando una delle tue ridicole affermazioni) ti avrebbe riservato un'umiliazione. Vedermi accanto a una ragazza platealmente più bella (io ti trovavo bella perché ti amavo, lei lo è) e con un senso morale e una dedizione infinitamente più elevate della tue. Lucrezia avrà 100. Tu 120, 68 meno di me!. E due giorni dopo: “E' impossibile che abbia amato una come te. Una pu…na di indole e questo giudizio non l'ho mai rinnegato. Do ut des. Ti ho fatto passare gli scritti, il concorso non lo so, ho qualche dubbio ma penso che non sarai bocciata. Però in Calabria rischi di finirci”.

Bellomo si difende

“Il dottor Bellomo nega, nel modo più reciso, di aver mai posto in essere le condotte che gli vengono addebitate, peraltro sulla scorta di elementi acquisiti più di un anno fa e riferibili a fatti risalenti nel tempo“. Lo dicono in una dichiarazione all’ANSA gli avvocati Gianluca D’Oria e Beniamino Migliucci, difensori di Bellomo precisando che non ci sono “i presupposti di ‘attualità' e ‘concretezza' che per legge devono qualificare il ‘pericolo di reiterazione dei reati“.

“E men che meno – continuano – reputiamo condivisibile che tale ‘pericolò possa fondarsi su un giudizio di prognosi che contempli l’astratta eventualità che il dottor Bellomo possa in futuro instaurare nuove relazioni sentimentali che potrebbero offrire occasione per reiterare i reati che gli vengono contestati“.

“Lo stupore è maggiore – dicono ancora i difensori – considerato che il dottor Bellomo ha sempre manifestato, sin dall’avvio dell’indagine penale (dicembre 2017), un atteggiamento collaborativo con l’autorità inquirente, rendendosi disponibile a confrontarsi con gli elementi in possesso della Procura di Bari e fornendo a più riprese proprie dichiarazioni spontanee, peraltro supportate da pertinente documentazione”.

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