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Ancona. Untore dell’Hiv, polizia diffonde nome e foto: si chiama Claudio Pinti

Claudio Pinti aveva scoperto undici anni fa di essere positivo. È stata la sua attuale compagna a sporgere denuncia, dopo aver scoperto di essere stata contagiata. L’uomo adescava le donne sopratutto sulle chat online. La polizia ha deciso di pubblica nome e foto proprio per il rilevante interesse pubblico” del caso.
A cura di Biagio Chiariello
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Si chiama Claudio Pinti ed ha 36 anni. Capelli e barba castani, occhi marroni, occhiali. La Polizia di Stato ha divulgato il nome e la foto del presunto untore di Ancona per ovvie esigenze investigative e per il rilevante interesse pubblico che potrebbe riguardare eventuali altre vittime: si parla di oltre duecento ragazze che potrebbero essere state volutamente infettate con il virus dell’Hiv. Il caso (che ricorda quello del romano Valentino Talluto) sta provocando un’enorme preoccupazione tra le donne del posto: l’uomo è stato arrestato ieri per lesioni gravissime dolose ai danni della sua ex compagna. La donna con cui conviveva in precedenza è invece morta nel dicembre 2017, stroncata proprio dall’Aids. Secondo quanto anticipato da CronacheAncona.it, Pinti era positivo all’Hiv da 11 anni ma avrebbe rivelato agli inquirenti di essere un negazionista e di non credere nemmeno nell’esistenza del virus Hiv: così, pur consapevole della sua sieropositività, ha continuato a far l’amore con centinaia di giovani conosciute soprattutto in chat, senza proteggerle e senza rivelare il segreto mortale che sapeva di custodire nel sangue. E non si esclude che il 36enne possa aver avuto anche rapporti omosessuali.

Il comunicato della polizia sull'untore di Ancona

“Chiunque fosse in possesso di notizie utili – chiedono gli agenti – è pregato di contattare con urgenza personale della Polizia al numero 071-2288595". Le indagini nei suoi confronti sono stati scattate quando la sua ultima fidanzata, con cui stava insieme da febbraio, ha scoperto di avere contratto il virus durante un controllo seguito a un malore. Gli agenti hanno constatato “la sua imperdonabile malafede in quanto consapevole del suo stato di salute, quindi responsabile a titolo di dolo di non aver adottato le necessarie precauzioni per evitare il contagio alla vittima, non rendendola edotta del suo stato di salute”. Da anni l’uomo era molto attivo su diverse chat di incontri online: per questo, in casa sua, gli agenti hanno sequestrato computer, tablet, telefonini e supporti informatici.

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