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Amnesty International: la pena di morte uccide in meno Stati ma di più

Nel giro di un decennio, sono diminuiti di oltre un terzo i Paesi che ricorrono alla pena capitale, anche se il cammino da compiere in questa direzione è ancora molto lungo: perché negli Stati in cui si svolgono ancora le esecuzioni, il numero di condanne è “allarmante”.
A cura di Nadia Vitali
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Nel giro di un decennio, sono diminuiti di oltre un terzo i Paesi che ricorrono alla pena capitale, anche se il cammino da compiere in questa direzione è ancora molto lungo perché negli Stati in cui si svolgono ancora le esecuzioni, il numero di condanne è allarmante

In alcuni paesi del mondo ancora si fucila, si decapita, si impicca o si uccide con l'iniezione letale; in Arabia Saudita, Corea del Nord, Iran e Somalia queste esecuzioni sono anche avvenute in pubblico, risvegliando amaramente i più vergognosi tra i ricordi della barbarie per qualunque civiltà sia riuscita a liberarsi del fantasma della pena capitale; in Iran si mandano al patibolo i «colpevoli» di adulterio e di sodomia, in Pakistan i blasfemi, in Arabia Saudita sono state ancora eseguite condanne per stregoneria nel corso del 2011, nella Repubblica del Congo lo Stato uccide per il traffico di resti umani, mentre in oltre dieci paesi, i reati legati alla droga vengono puniti con la morte. Questi alcuni elementi che emergono dal quadro generale tracciato da Amnesty International nel suo rapporto annuale; dati raccolti in tutto il mondo, con l'eccezione di quell'emergenza democratica chiamata Cina, dove si pensa che abbiano avuto luogo in un anno anche migliaia di esecuzione sulle quali, però, c'è assoluto silenzio; la sospensione della pena di morte annunciata dal gigante asiatico qualche mese fa, tuttavia, unita all'eliminazione di questa per 13 reati di natura economica, farebbero quasi sperare per qualche significativo passo avanti anche nel Paese orientale. Ma è bene andarci cauti.

In Medio Oriente e in Nord Africa – Anche perché, per quanto i paesi in cui lo Stato uccide ancora si siano drasticamente ridotti di un terzo nel giro dell'ultimo decennio, molte sentenze sono state emesse in tutti quei Paesi che prevedono la pena capitale: relativamente al 2011, sul totale delle nazioni, solo un 10% (corrispondente a 20 su 198) ha mandato a morte 676 persone, con oltre 18 000 prigionieri in mesta attesa. Rispetto all'anno precedente, sono stati condannati 149 individui in più, con il Medio Oriente che ha fatto registrare il più vistoso incremento di esecuzioni: almeno un 50% che ha visto come protagonisti l'Arabia Saudita (82 esecuzioni), l'Iran (360), l'Iraq ( 68) e lo Yemen (41). Purtroppo questi numeri costituiscono i soli dati certi di cui l'organizzazione è in possesso, ma non è escluso che potrebbero essere ancora più elevati; del resto, per Paesi che hanno vissuto situazioni straordinariamente agitate negli ultimi mesi come la Libia l'impossibilità di reperire informazioni crea alcune forti mancanze nelle stime. Nella stessa area nordafricana e mediorientale, esistono Stati in cui la pena capitale è ancora in vigore e si continua condannare, anche se le esecuzioni non hanno avuto effettivamente luogo: tra questi l'Algeria, la Giordania, il Kuwait, il Libano, il Marocco, il Qatar.

Asia, Pacifico ed Africa Sub-sahariana – In Giappone, Paese le cui autorità avevano sempre espresso con viva partecipazione la propria adesione alla pena di morte, il 2011 è stato il primo anno, dopo 19, durante il quale non si è svolta neanche un'esecuzione, anche a Singapore nessun condannato è stato portato al patibolo. L'area del Pacifico, eccezion fatta per la Papua Nuova Guinea dove sono state emesse cinque condanne, è completamente libera dalla pena di morte. In Africa sub-sahariana, a fronte dei progressi di Benin, Sierra Leone, Nigeria e Ghana, ci sono ancora 14 Paesi mantenitori su 49, mentre 22 esecuzioni hanno avuto luogo in Somalia, Sudan e Sud Sudan. In sostanza, appare sempre più lampante come gli Stati che ancora condannano a morte siano sempre più pochi e sempre più isolati dalla comunità internazionale: ciò, purtroppo, non ha impedito ai Governi di tali Stati di continuare e, talvolta, incrementare ancor più il ricorso a questa estrema forma di inciviltà violenta.

Il mondo occidentale – Resta una grande zona d'ombra nel continente americano, dove gli Stati Uniti sono ancora l'unico paese a ricorrere alla pena capitale, nonché il solo tra i membri rappresentanti del G8. Quarantatré esecuzioni nel 2011 e 34 stati mantenitori, con una diminuzione di un terzo nel corso dell'ultimo decennio: ancora troppo poco, per la patria della libertà, già accusata dalla stessa Amnesty International per le atroci violazioni dei diritti umani che, da dieci anni, vengono compiute nel carcere di Guantanamo. Infine, tra Europa ed area ex-sovietica resta un solo Paese che ancora esegue condanne a morte e che ne ha eseguite due nel 2011: è la Bielorussia del Presidente di Lukašenko, in cui alle note restrizioni della libertà si affianca ancora il ricorso alla pena capitale. «La vasta maggioranza dei Paesi ha deciso di non usare più la pena di morte. Il nostro messaggio ai leader di quella isolata minoranza di Paesi che continua a ricorrervi è chiaro: non siete al passo col resto del mondo su questo argomento ed è tempo che prendiate iniziative per porre fine alla più crudele, disumana e degradante delle punizioni» ha ricordato il Segretario generale di Amnesty International Salil Shetty.

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