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Opinioni

Terra dei fuochi avvelenata, i documenti dei militari Usa? In Rete dal 2008

Pure Rambo ha sventolato bandiera bianca davanti al disastro ambientale campano. Ma l’allarmismo genera mostri: basterebbe leggere le carte per rendersi conto di quali siano le aree individuate ‘a rischio’ dagli americani. Una domanda resta: il governo degli Stati Uniti si è preoccupato dei suoi cittadini all’estero, dei suoi militari di stanza in Campania. E perché lo Stato italiano non ha ritenuto di dover fare altrettanto e di dover informare correttamente gli italiani che vivono in queste zone?
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Gli americani sono fin troppo propensi a mettere documenti istituzionali su Internet (specialmente quando non riguardano gli Stati Uniti ma altri Paesi). In Italia questa pratica è, al contrario, praticamente inconcepibile: siamo il Paese dei fax, dei segreti di Pulcinella, delle "Riservate personali" e delle mail col disclaimer del tipo "legga solo il destinatario altrimenti si cestini". Dunque è normale, per l'Italia, sorprendersi, con un buon grado di ipocrisia, quando una massa di documenti, analisi e considerazioni è disponibile online anziché essere custodita nel cassetto di un tecnico in un ministero. Anche se queste stesse analisi erano praticamente note a tutti da anni. Fatta questa premessa, ne serve un'altra: domani il settimanale "L'Espresso" uscirà con una inchiesta sull'acqua inquinata a Napoli a causa degli sversamenti abusivi di rifiuti tossici nella cosiddetta Terra dei fuochi. Il drammatico titolo della prima pagina, anticipato oggi: "Bevi Napoli e poi muori", si è già guadagnato una imbarazzante richiesta di sequestro preventivo da parte di un consigliere regionale campano. Io non so cosa c'è scritto nel pezzo dell'Espresso di domani. So solo ciò che la direzione del giornale, in risposta alla richiesta di sequestro, ha ritenuto di dover anticipare: "Il servizio dell’'Espresso' – si legge – rende noti i risultati inediti e sconvolgenti di una corposa ricerca richiesta dal comando americano di Napoli, eseguita da primari laboratori di analisi sulla base di campioni di acqua, cibo, terreni, fumi raccolti lungo l’arco di due anni – dal 2009 al 2011 – su un’area di oltre mille chilometri quadrati e costata ben 30 milioni di dollari". Tenendo bene a mente una delle regole del giornalismo, ovvero che non c'è più niente di inedito dell'edito, cerchiamo di dipanare la matassa. Prima notizia: tutti questi "risultati sconvolgenti" sono visionabili da anni su internet. Sono sui siti ufficiali della Marina militare americana, alla voce ‘health awareness'. Poi per il resto basta cercare con attenzione su Google, basta individuare le parole chiave giuste in inglese.

Perché i militari americani hanno condotto analisi su alcune aree della Campania? Per un semplice motivo: perché in quelle zone ci vivono. Lì, infatti, insistono le basi militari Usa. Parliamo dell'area a ridosso dei Campi Flegrei, in provincia di Napoli, e quella del Lago Patria, nel Casertano. Giustamente hanno cercato di capire e approfondire, di essere appunto consapevoli delle reali condizioni dell'ambiente circostante, anche viste le continue emergenze rifiuti. E così, nel 2007, il Comandante della Marina militare per la Regione Europa, Africa, Sud Est Asiatico (la sigla, impronunciabile, è CNREURFSWA) ha richiesto una Valutazione sulla salute pubblica (la cosiddetta Phe) del personale degli Stati Uniti e relativi familiari, di stanza in Campania. Le indagini sono state condotte dal 2008 al 2012 dalla Tetra Tech Inc, grande società californiana di analisi ambientali. Sono stati analizzati 1.023 chilometri quadrati di territorio, divisi in 9 aree, tra Napoli e Caserta; sono state analizzate aria, acqua potabile e di pozzo, suolo e gas provenienti dal suolo. Il risultato è sintetizzato in questo link. Oltre duemila pagine di analisi, un lavoro costato appunto circa 30 milioni di euro. Nel 2008 i primi risultati della ricerca hanno restituito uno scenario sconfortante: presenza di anomala di idrocarburi, forte eccedenza di contaminazione batteriologica nel 30 percento dei casi analizzati, con valori di coliformi totali anche 50 volte superiori la norma e la presenza massiccia di coliformi fecali, riscontrati in 48 casi in una decina di comuni: Caserta, Casal di Principe, Casapesenna, Gricignano d'Aversa, Pozzuoli, San Maria Capua Vetere, San Cipriano D'Aversa, Villa di Briano e Villa Literno. Questa notizia, all'epoca generò ovviamente un giusto allarme (pensate, la diede anche l'Espresso) pure perché gli americani fecero scattare il divieto di bere e di cucinare con quell'acqua, disponendo la fornitura gratuita di bottiglie di minerale per tutti i 1.200 soldati.

La mappa delle zone contaminate secondo le analisi condotte dai militari Usa
La mappa delle zone contaminate secondo le analisi condotte dai militari Usa

Le analisi sono andate avanti e nel corso degli anni sono emersi altri dati sconfortanti. Un documento della Naval Support Activity Naples del 2010 e uno successivo del 2011 hanno confermato le criticità individuate nelle analisi dei gas del suolo (presenza di benezene, cloroformio, etilbenzene) e sulle acque (presenza di arsenico, di tetracloretano in particolare a Casal di Principe e Villa Literno, e infine presenza di nitrati). Nell'analisi degli acquedotti, in 9 delle 14 condutture la presenza di arsenico (nell'area di Carney Park a Quarto e a Lago Patria) "si è rivelata superiore al livello massimo di contaminazione". E ancora: in due casi è stata riscontrata la presenza di batteri coliformi fecali; in altri quattro casi sono stati trovati coliformi totali. Anche questi risultati sono tutti tranquillanente visionabili online. E anche di questa vicenda parlarono numerose testate italiane. Arriviamo ai giorni nostri: nel mese di maggio del 2013 l'ultimo rapporto, denominato "Navy and Marine corps public health center- Naples public health evaluation, a risk communication case study" riepiloga le drammatiche analisi e spiega  che le forze militari statunitensi di stanza all'ombra del Vesuvio hanno definito  quali sono le aree ad alto rischio e disposto la sospensione di nuovi contratti di locazione per i militari Usa nelle zone pericolose. Addirittura si parla di uranio.

In parole povere: i marines avranno pure combattuto migliaia di guerre ma davanti al disastro ambientale in alcune zone della Campania pure Rambo ha sventolato bandiera bianca e si è ritirato.  Il documento americano del maggio 2013 sullo stato della contaminazione ambientale in Campania è visionabile online.

Restano due domande: perché l'Italia non ha imitato gli americani, perché sul suo territorio di competenza il governo italiano non ha ritenuto di dover effettuare analisi approfondite così come le hanno fatte gli americani? Era possibile, era auspicabile. Si poteva, si doveva fare e invece è stato fatto solo in parte, lo dimostra il fatto che siamo ancora a chiederci quali sarebbero le aree inquinate, quali le falde, di quali inquinanti è stato ammorbato il terreno. L'altra domanda è perché stupirsi. Perché solo ora gridare allo scandalo quando gli americani hanno informato e messo interamente online tutta la documentazione? E non ieri, ma mentre le analisi erano in corso. Passo dopo passo si potevano seguire l'evolversi delle analisi. I giornali locali ne hanno parlato, ignorati. Solo oggi ci si straccia la vesti. A chi giova tutto questo?

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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