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Siria, la denuncia di Amnesty: “13mila impiccagioni segrete in un carcere vicino Damasco”

Secondo Amnesty International tra il 2011 e il 2015 gruppi di 50 detenuti venivano impiccati di notte ogni settimana. L’ong ha raccolto anche testimonianze su ripetute torture e privazione sistematica di cibo, acqua e farmaci. Il governo smentisce.
A cura di Susanna Picone
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In Siria, nel carcere di  Saydnaya vicino Damasco, in quattro anni sarebbero morte almeno tredicimila persone per mano del regime di Assad. A denunciare la strage è Amnesty International in un dettagliato rapporto intitolato “Il mattatoio umano: impiccagioni di massa e sterminio nel carcere di Saydnaya”. Secondo l’ong di notte, quando nel carcere regnava il silenzio, gruppi di 50 detenuti venivano impiccati due o tre volte a settimana. Una pratica tenuta segreta e che sarebbe andata avanti dal settembre 2011 al dicembre 2015 ma che potrebbe essere tuttora in vigore. Secondo Amnesty, molti prigionieri sarebbero morti anche per le “politiche di sterminio” delle autorità, che comprendono torture ripetute, privazione del cibo, dell’acqua e delle medicine.

Le testimonianze di torture raccolte da Amnesty

Situato a una trentina di chilometri a Nord della capitale, il carcere di Saydnaya era luogo di raccolta già prima della rivolta del 2011 per migliaia di detenuti che in seguito hanno raccontato di agghiaccianti storie di tortura. Secondo Amnesty, il penitenziario può ospitare da 10000 a 20000 detenuti, che sono in maggioranza, militanti, islamisti, e oppositori politici. Il rapporto di Amnesty si basa sui racconti di 84 testimoni tra ex detenuti, giudici, avvocati e guardie. Le impiccagioni, secondo questo rapporto, avvenivano generalmente di lunedì o martedì. I detenuti venivano portati davanti a una Corte militare e il giudice si limitava a chiedere se l’imputato aveva commesso o no i crimini. Ma in ogni caso la persona sotto accusa veniva condannata. All’imputato non veniva neppure concessa la possibilità di avere un avvocato.

Crimini di guerra e crimini contro l’umanità

Un ex giudice ha riferito ad Amnesty che i prigionieri “venivano tenuti impiccati per 10-15 minuti. Alcuni non morivano perché erano magri, come la maggior parte dei giovani, il cui peso non li uccideva. Per cui, gli assistenti dei funzionari li tiravano fino a rompergli il collo”. I cadaveri venivano poi caricati su dei camion e trasferiti all’ospedale militare di Damasco per la registrazione e la sepoltura in fosse comuni. Per la ong quello che è successo nel carcere “equivale a crimini di guerra e crimini contro l'umanità”. “Gli orrori descritti in questa informativa — così la vice direttrice di indagine dell’ufficio regionale di Amnesty a Beirut, Lynn Maalouf — rivelano una campagna segreta e mostruosa, autorizzata al più alto livello dal governo siriano, con l’obiettivo di schiacciare qualsiasi forma di dissenso all’interno della popolazione siriana”. “Chiediamo – ha aggiunto Maalouf – che le autorità siriane mettano fine immediatamente alle esecuzioni extragiudiziarie, alla tortura e ai trattamenti disumani nella prigione di Saydnaya e in tutte le altre prigioni del paese”.

Governo smentisce il rapporto di Amnesty

Il governo siriano da parte sua smentisce la fondatezza del rapporto di Amnesty International circa violazioni dei diritti umani nella prigione di Saydnaya. In un comunicato affidato all'agenzia governativa Sana, il ministero della giustizia afferma che “le notizie circolate sui media” e basate sul rapporto diffuso ieri dall'organizzazione internazionale basata a Londra “sono prive di ogni fondamento” e sono “mirate a rovinare la reputazione della Siria a livello internazionale”.

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