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Riunione minoranza Pd, Emiliano: “Voto nel 2018”. Guerini: “Ultimatum non ricevibili”

Al teatro Vittoria di Roma l’evento della minoranza dem che precede l’assemblea di domani per il congresso. Se decide il futuro del partito. “I margini di trattativa ci sono sempre, dobbiamo sapere che il Pd non è proprietà di alcuni capi che litigano tra di loro” dice Franceschini.
A cura di Redazione
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E’ cominciata sulle note di Bandiera Rossa al teatro Vittoria di Roma la manifestazione della minoranza democratica. Presenti Massimo D'Alema, Pier Luigi Bersani, Michele Emiliano, Roberto Speranza, Enrico Rossi. Una manifestazione che dovrà delineare il futuro del principale partito italiano. "Se non si dovesse capire tutto questo, allora un nuovo inizio sarebbe inevitabile. Ci sarà bisogno di offrire al Paese un vero centrosinistra, largo e non stretto". Così Speranza al convegno. E poi chiosa: "Buona legge elettorale e voto nel 2018: se non c'è questo il Pd non esisterà più. Non dico queste cose con leggerezza. Un passaggio del genere va vissuto con autorevolezza", aggiunge.

A tentare la mediazione nel partito democratico è il governatore della Puglia: “Abbiamo convinto Renzi a sostenere Gentiloni fino al 2018”. Scrive Emilano su Facebook. “Adesso possiamo darci il tempo di riconciliarci e trovare le ragioni per stare ancora insieme", continua.

Dal palco della manifestazione il governatore pugliese ha chiesto di non costringere con argomenti capziosi la minoranza a uscire dal Pd: “Noi speriamo di non dover dire cose drammatiche nelle prossime ore ma se dovesse essere necessario non avremo paura. Non costruiremo un soggetto avversario del Pd ma non aspetteremo altro che ricostruire questa comunità. Tutto questo, però, è evitabile, lo voglio dire ancora”.

A fargli eco è il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini: "I margini di trattativa ci sono sempre, dipende dalla volontà delle persone e soprattutto dobbiamo sapere che il Pd non è proprietà di alcuni capi che litigano tra di loro", ha scritto stamani su Twitter.

Anche il ministro Graziano Delrio prova a stemperare le tensioni dopo il fuorionda in cui accusava Renzi di non aver fatto neppure una telefonata per evitare la scissione. "Sono per Matteo un fratello maggiore – ha detto a Repubblica – e come i fratelli maggiori ho il dovere di dirgli quello che ritengo serva", e gli ho detto: "‘Devi togliere ogni alibi per evitare la rottura nel partito' e gli ho "chiesto di essere flessibile, il più possibile in questa fase, in ballo c'è il futuro dell'Italia e del Pd".

Via Twitter è poi arrivato il commento di Lorenzo Guerini: “Questa mattina toni e parole che nulla hanno a che fare con una comunità che si confronta e discute. Gli ultimatum non sono ricevibili”.

Dichiarazioni che arrivano a 24 ore dall’assemblea Pd. Tra oggi e domani dovranno per forza di cose essere risolti i dubbi e le tensioni che tengono ancora sulle spine maggioranza e minoranza dem e si capirà il futuro dell’avventura politica nata nel 2007 sulle ceneri dell’Ulivo. "La scissione sarebbe la frattura nella diga, che oggi è ancora solida contro i populismi e la rabbia sociale. Ma io sono anche convinto che nessuno possa imputare a Renzi il minimo di responsabilità" ha aggiunto Delrio.

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