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Pensioni, l’ipotesi: tagli sopra i 3.500 euro per aiutare esodati e cassintegrati

Secondo Repubblica, il governo starebbe pensando ad un prelievo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro e d’argento che porterebbe nelle casse dello Stato un miliardo l’anno per aiutare esodati e cassintegrati.
A cura di Biagio Chiariello
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Una sorta di piano di solidarietà da parte dei pensionati per aiutare cassintegrati ed esodati. Si potrebbe definire così l’intervento da parte del Governo sulle pensioni più robuste, calcolate con il vecchio metodo retributivo. Al momento, va precisato, è solamente un ipotesi di cui scrive Repubblica. L’esecutivo guidato da Matteo Renzi starebbe dunque pensando ad un prelievo sulla differenza tra l’assegno pensionistico che si riceve in base alle regole pre riforma Dini (1996) e l’importo teorico che si sarebbe invece maturato applicando il metodo contributivo, quello adottato integralmente per i lavoratori più giovani. Secondo il Sole 24 Ore  questa differenza può essere misurata, su una fascia di reddito da 60mila euro, nell’ordine del 38,2% (36.576 euro contro 22.599 euro); su una fascia di reddito da 120mila euro nell’ordine del 36,2%.

Un taglio da un miliardo di euro

Il taglio alle pensioni d’oro porterebbe nelle casse dello Stato qualcosa come un miliardo l’anno “destinato a sostenere il reddito di coloro che a pochi anni dalla pensione perdono l’occupazione (gli esodati) ma anche la cassa integrazione in deroga che oggi garantisce un’indennità soprattutto ai lavoratori delle piccole imprese in crisi”, scrive Repubblica. Non è nemmeno escluso che una parte degli introiti possa essere dirottata a rafforzare le pensioni minime.

Le risorse saranno utilizzate soprattutto per sostenere il reddito dei lavoratori maturi che a 4 o 5 anni dalla pensione dovessero perdere il posto. Evitando nuovi esodati. Lo schema prevede che a questi lavoratori, che avrebbero difficoltà a trovare una nuova occupazione, vada dopo i due anni di indennità di disoccupazione (l’Aspi), un assegno di circa 750 euro al mese per il periodo necessario a maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia. Una volta in pensione il lavoratore restituirebbe a rate quello che è di fatto un anticipo della pensione. Insomma una sorta di prestito previdenziale. La perdita sarebbe intorno al 5-6 per cento dell’assegno mensile. Un’operazione che allo Stato costerebbe circa 500-600 milioni l’anno. E ci sarebbe anche un contributo da parte delle aziende interessate per evitare che in questo modo possano surrettiziamente riemergere i prepensionamenti. Secondo le simulazioni dei tecnici ogni lavoratore in uscita costerebbe alle aziende 12-15 mila euro e i lavoratori interessati potrebbero essere intorno ai 30-40 mila l’anno.

 Chi rischia il contributo di solidarietà?

L’interrogativo fondamentale riguarda la famosa “asticella”: a quale cifra comincerà il prelievo di solidarietà che Renzi & C. dovrebbero porre in atto? Al momento, la cifra più credibile sembra quella che si attesta sui 3500 euro netti al mese, anche se in un primo momento si era vociferato che il prelievo potesse riguardare anche coloro che percepiscono un reddito da pensione di 50mila euro lordi all’anno. Nessun intervento, invece, prosegue Repubblica, sul fronte dell’età pensionabile che resterà quella fissata dalla legge Fornero (67 anni) anche perché un cambio di rotta su questo fronte non verrebbe consentito da Bruxelles.

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