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Papa Francesco: “Siamo entrati nella Terza Guerra Mondiale”

Il Santo Padre, rientrato dal suo viaggio in Corea del Sud, ha affermato: “Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli”.
A cura di Davide Falcioni
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Rientrato dal suo viaggio in Corea del Sud Papa Francesco ha commentato senza mezzi termini la situazione internazionale, in particolare le numerose guerre in corso: "Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli". Il Santo Padre ha denunciato le "guerre non convenzionali" affermando che siamo arrivati a "un livello di crudeltà spaventosa": a farne le spese, come è noto, sono quasi sempre gli innocenti. "La tortura è diventata un mezzo quasi ordinario. Questi sono i frutti della guerra, qui siamo in guerra, è una III guerra mondiale ma a pezzi". Il Pontefice, molto scosso dagli avvenimenti e dai durissimi combattimenti delle ultime settimane, soprattutto in Iraq e Siria, ha aggiunto di "essere pronto a recarsi nel Kurdistan" iracheno per pregare e alleviare la sofferenza delle popolazioni colpite dal conflitto.

Il Papa: "Dove c'è un'aggressione ingiusta posso solo dire che è lecito fermare l'aggressore ingiusto"

"Dove c'è un'aggressione ingiusta posso solo dire che è lecito fermare l'aggressore ingiusto", ha dichiarato il Pontefice, prima di aggiungere: "Sottolineo il verbo fermare, non bombardare o fare la guerra. Una sola nazione non può giudicare come si ferma l'aggressione. Dopo la seconda guerra mondiale questo compito è delle Nazioni Unite. Dobbiamo avere memoria di quante volte con questa scusa di fermare l'aggressione ingiusta le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto vere guerre di conquista". Secondo il Papa, comunque, "fermare l'aggressore ingiusto è un diritto che ha l'umanità. Io posso dire soltanto questo: sono d'accordo sul fatto che quando c'è un aggressore ingiusto venga fermato".

Conflitto Israele-palestinesi: "La preghiera con Shimon Peres e Abu Mazen non è assolutamente stata un fallimento"

Francesco ha brevemente commentato anche il conflitto tra palestinesi e Israele, ribadendo che "quella preghiera con Shimon Peres e Abu Mazen non è assolutamente stata un fallimento. L'iniziativa non è uscita da me, ma dai due presidenti: loro mi hanno fatto arrivare questa inquietudine. Questi due uomini sono credenti, sono convinti". "Volevamo", ha rivelato Francesco, "che l'incontro per pregare si realizzasse già durante la mia visita in Terra Santa ma non si trovava il posto giusto: il costo politico di andare dall'altro sarebbe stato troppo alto per ciascuno dei leader, e anche in nunziatura non era facile: il presidente palestinese avrebbe dovuto attraversare Israele. Così abbiamo deciso di incontrarci tutti in Vaticano, invitando anche Bartolomeo, il patriarca ecumenico. Certo poi è arrivato quel che è arrivato. Ma è qualcosa di congiunturale. L'incontro di preghiera non lo era: è stato un passo fondamentale perché si è aperta una porta. Il fumo delle bombe ora non lascia vedere la porta aperta. Ma io credo in Dio e credo che quella porta è stata aperta".

Francesco: "Andrei in Cina anche domani"

Infine il Pontefice, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha dichiarato: "Se io ho voglia di andare in Cina? Ma sicuro, mi piacerebbe andarci già domani. Sempre la Santa Sede è aperta ai contatti con Pechino: sempre, perché ha grande stima e rispetto per il popolo cinese".

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