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L’economia ha dichiarato guerra alla religione

Tutti ripetono che siamo nel bel mezzo di una guerra di religione, ma la prospettiva può essere rovesciata: da tempo il fanatismo economico ha dichiarato guerra alle religioni della trascendenza. E lo fa attribuendo loro le dimensioni di fanatismo, integralismo e terrorismo.
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A cura di Diego Fusaro
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Il filosofo dissidente

Tutti ripetono, a mo’ di mantra, che siamo nel bel mezzo di una “guerra di religione”. Rovesciando la prospettiva, sostengo da tempo che siamo, invece, nel bel mezzo di una “guerra alla religione”: il fanatismo economico ha dichiarato guerra alle religioni della trascendenza. E lo fa delegittimandole come fanatiche, integralisti che, terroristiche, ecc.

Come si spiega questa inimicizia tra il monoteismo del mercato e le religioni della trascendenza, sia islamica sia cristiana? La risposta credo si trovi nei versi di Ezra Pound (Cantos, 97): the temple is holy because it is not for sale, “il tempio è sacro perché non è in vendita”.

La religione della trascendenza risulta oggi incompatibile con la religione immanente del mercato in ragione del fatto che ha elementi non mercificabili, spazi reali e simbolici non vendibili, valori non riducibili a quello di scambio. Per tacere, poi, di quel pathos non conservativo che, nel nome del regno dei cieli, aspira a rovesciare il trono dei potenti.

È significativo, a questo riguardo, il fatto che il solo episodio di ira di Gesù che ci venga tramandato dalle Scritture sia quello della cacciata dei mercanti dal tempio.

I guerriglieri del fronte laicista, ovviamente, non lo sanno: né sanno di essere al servizio dell’integralismo economico. Essi si rivelano, ancora una volta, i più fedeli alleati di sua maestà, Monsieur le Capital.

Quest’ultimo aspira a liquidare le religioni tradizionali per imporre quella mercatistica come unica teologia possibile e, insieme, per neutralizzare il patrimonio simbolico religioso come giacimento di senso e come risorsa mobilitativa.

Per questo, se ridotta, a pura critica degli Assoluti trascendenti ormai irrilevanti nell’ordine della riproduzione capitalistica, la critica della religione decade a mero strumento ideologico della santificazione del fanatismo dell’economia.

Nella cornice della produzione globale, proprio come la dicotomia destra-sinistra o l’antifascismo in assenza di fascismo, la critica delle religioni tradizionali si presenta come funzione espressiva del monoteismo del mercato, rivelando, una volta di più, la piena integrazione della sinistra laicista e antifascista al monoteismo idolatrico del mercato.

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Sono nato a Torino nel 1983 e insegno Storia della filosofia in Università. Mi considero allievo indipendente di Hegel e di Marx. Intellettuale dissidente e non allineato, sono al di là di destra e sinistra, convinto che occorra continuare nella lotta politica e culturale che fu di Marx e di Gramsci, in nome dell’emancipazione umana e dei diritti sociali. Resto convinto che, in ogni ambito, la via regia consista nel pensare con la propria testa, senza curarsi dell’opinione pubblica e del coro virtuoso del politicamente corretto.
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