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Egitto: le armi italiane inviate all’esercito e usate per la carneficina

Un giro d’affari di decine di milioni di euro per le ditte italiane che, grazie alle autorizzazioni del Ministero degli Esteri, hanno esportato e continuano a esportare armi in Egitto. Le stesse che i militari stanno utilizzando per compiere la carneficina.
A cura di Davide Falcioni
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In Egitto "la repressione messa in opera è stata brutale, inaccettabile e inescusabile". Lo ha dichiarato ieri il Ministro degli Esteri Emma Bonino, rispondendo alle domande dei cronisti a proposito della strage di centinaia – o secondo altre fonti migliaia – di vittime, brutalmente represse con gas (quando è andata bene) e proiettili, sparati direttamente al cuore o in testa. La giunta militare che governa l'Egitto ha fatto sapere che non c'erano alternative all'uso della forza, e che per difendere i palazzi del potere (conquistato con un golpe, e non democraticamente) non esiterà a fare fuoco sui manifestanti. E pazienza se altre centinaia o migliaia di persone perderanno la vita.

Ebbene, giova sapere che le armi utilizzate dai militari in molti casi portano il marchio Made in Italy. Il nostro paese, infatti, è esportatore di varie tipologie di strumenti per la "difesa", sia leggeri che pesanti. Solo negli ultimi tre anni il carico tra Roma e Il Cairo è stato considerevole. L'Opal – Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le politiche di difesa e sicurezza – già lo scorso 27 luglio, mentre in Italia si credeva che la brace della protesta egiziana covasse appena sotto la cenere, rendeva note quantità e tipologia di armi esportate. Scrive l'Osservatorio:

Già nel 2010 erano state esportati al Cairo ben 2.450 fucili d’assalto automatici della ditta Beretta modello SCP70/90 corredati di 5.050 parti di ricambio a cui sono seguiti nel 2012 altri 1.119 fucili automatici sempre modello SCP70/90 e 2.238 caricatori e da altri 35 fucili d’assalto calibro 5,56 NATO modello ARX-160 ciascuno corredato da caricatori e baionetta e muniti di 35 lanciagranate e da silenziatori tutti dell’azienda bresciana Beretta.

Nel 2011 è stata autorizzata, dal governo Berlusconi, l’esportazione di 14.730 colpi completi per carri armati del calibro 105/51 TP-T IM 370 (equivalente al colpo completo cal. 105/51 TP-T M490) e nel 2012 altri 692 colpi completi calibro 40/70 PFFC IM212 con spoletta e altri 673 colpi completi 76/62 TP tutti prodotti da Simmel Difesa.

Sempre nel 2011 è stata autorizzata l’esportazione di 355 componenti per la centrale di tiro Skyguard per missili Sparrow/Aspide e affusti a cui sono seguiti nel 2012 altre 1.000 componenti e corsi d’addestramento per la stessa centrale di tiro prodotta dalla Rheinmetall Italia;

Nel 2012 è stata autorizzata dal governo Monti l’esportazione di 55 veicoli blindati Lizard della Iveco;

Vanno poi segnalate le esportazioni autorizzate nel 2012 a Oto Melara per attrezzature del cannone navale 76/62 S/R e apparecchiature elettroniche e software della Selex Elsag.

Da una lettura della "Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia" (leggi QUI il documento integrale), emerge che le esportazioni di armi verso l’Egitto sono tuttora in corso e vedono l’Italia tra i principali fornitori europei. Nel 2012, durante il governo Monti, hanno superato i 28 milioni di euro e vi figura di tutto: dai fucili d’assalto e lanciagranate della Beretta alle munizioni della Fiocchi, dalle bombe per carri armati della Simmel alle componenti per centrali di tiro della Rheinmetall, dai blindati della Iveco alle ‘apparecchiature specializzate per l’addestramento militare'.  La titolarità delle esportazioni è della nuova Autorità nazionale dell’Unità per le Autorizzazioni di Materiali di Armamento (UAMA) presso la Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese (DGSP) del Ministero degli Affari Esteri.

Giorgio Beretta, analista dell'Opal, spiega: "Le autorizzazioni ministeriali per forniture di armamenti all’Egitto non superavano i 10 milioni di euro del 2010, sono salite a oltre 14 milioni di euro nel 2011 e lo scorso anno, col governo Monti, hanno toccato il picco di oltre 24,6 milioni di euro. E di conseguenza sono cresciute le consegne effettive di sistemi militari, che nel 2012 hanno superato i 28 milioni di euro (€ 28.679.837). Esportazioni che sono tuttora in corso, visto che nei primi tre mesi del 2013 l’ISTAT ha già rilevato spedizioni all’Egitto di armi e munizioni per oltre 2,6 milioni di euro".

A tutto ciò si aggiunga un'anomalia, segnalata prima dall'Opal e poi da un'interrogazione dell'onorevole Arturo Scotto al Ministero degli Affari Esteri.

"Diverse fonti egiziane e inviati di quotidiani italiani hanno riportato che durante le manifestazioni del novembre del 2011 al Cairo sono stati rivenuti dei bossoli di munizioni prodotte dalla Fiocchi, e che – come documenta ancora l'Osservatorio permanente sulle armi leggere (OPAL) di Brescia – nel 2011, cioè nell'anno delle rivolte popolari, vi sono state esportazioni di munizioni dalla provincia di Lecco, probabilmente prodotte dalla ditta Fiocchi, per oltre 41.900 euro, che possono corrispondere ad oltre 100 mila munizioni; riguardo alle esportazioni della Fiocchi, l'Osservatorio OPAL fa notare una costante anomalia. Da oltre dieci anni, infatti, le effettive spedizioni di munizioni ad uso militare della Fiocchi non sono mai riportate nella Relazione della Presidenza del Consiglio: vi sono le autorizzazioni rilasciate dai Ministeri degli affari esteri e delle finanze (per i pagamenti) ma manca sempre il riscontro dell'Agenzia delle dogane e quindi da oltre dieci anni la Fiocchi sta esportando munizioni di cui l'Agenzia delle dogane non dà alcun riscontro nelle Relazioni governative, quasi si trattasse di munizioni per armi ad uso civile o sportivo e non invece di munizioni per uso militare".

Alla luce di tutto ciò, cosa attende il ministero degli Esteri a interrompere le forniture di armi all'esercito egiziano?

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