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Opinioni

Ecco perché Monti comincia a far paura ai partiti

Fra pura speculazione teorica e realismo, fra ipotesi fantasiose e scelte obbligate, ecco quali potrebbero essere gli scenari futuri per il dopo Mario Monti. Sempre a condizione che…
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Berlusconi-Monti-Governo

Oltre cinque ore di vertice, un accordo sostanziale (o sarebbe meglio dire un compromesso) sulla riforma della giustizia, una discreta sintonia sulla revisione dell'articolo 18 ed un rinvio "a data da destinarsi" per quanto riguarda la questione Rai. Riportato in questi termini l'incontro di Monti con Alfano, Bersani e Casini sembrerebbe semplicemente un normale confronto sui temi della politica. Niente di clamoroso tutto sommato. Eppure non è sfuggito ai maggiori analisti politici il carattere "eccezionale" del vertice a quattro, orchestrato e diretto dal professore. Prima di tutto perché di fatto ha rinsaldato lo strano asse parlamentare che sostiene il Governo, riportando il dibattito sul binario del realismo e della concretezza dell'agire politico. In poche parole, Monti (e gli stessi leader di partito) hanno sostanzialmente rinviato il momento dell'inevitabile scontro "ideologico" e allo stesso tempo mandato segnali chiari e diretti, all'opposizione, ai parlamentari e ai loro elettori. In secondo luogo perché, mentre i tre ospiti credono di avere sostanzialmente il controllo della situazione e, per citare l'opinione di Stefano Casertano su linkiesta, di poter usare il professore "come un taxi", il padrone di casa continua ad "accumulare consenso" e a rappresentare l'alternativa possibile e plausibile alla vecchia politica (e non è certamente un caso che secondo le ultime stime una ipotetica lista – Monti raccoglierebbe circa il 25% dei voti). Dati che certamente non saranno sfuggiti ad Alfano e Bersani, alle prese, seppur su fronti opposti, con gli stessi problemi e le stesse incognite: la nuova, irrisolta, questione morale; la complessa ricomposizione del fronte in chiave elettorale; la controversa legittimazione della leadership e la scelta delle alleanze. Spine che al momento limitano fortemente il raggio d'azione dei leader dei principali partiti italiani e rischiano di eroderne inesorabilmente la base elettorale.

La questione morale e i limiti della politica – Come legittimare la proposta programmatico – politica, quando la classe dirigente è continuamente scossa da inchieste e provvedimenti che ne mettono in discussione onestà e credibilità? Come convincere il Paese che quella dei tecnici possa essere semplicemente una parentesi in attesa dell'inevitabile passaggio di consegne ai "partiti custodi della democrazia e garanti del buon governo"? Certamente non prestando il fianco alla deriva "populista e qualunquista" dell'opposizione parlamentare al Governo Monti, ma allo stesso tempo ammettendo ciò che anni di "bolla berlusconiana" da una parte e di "lassismo morale" dall'altro hanno evidentemente determinato. E cioè che questa classe politica è semplicemente impresentabile. In parte corrotta, arrogante ed impunita, ma soprattutto incapace di rappresentare le istanze dei cittadini e del tutto autoreferenziale per ciò che riguarda la discussione ed il confronto. Risolvendo, o magari arginando su un piano estremamente concreto la nuova questione morale (che, con i dovuti distinguo, coinvolge sia centrodestra che centrosinistra e rappresenta la vera "radice" dell'antipolitica); e lavorando per un serio ricambio generazionale e garantendo al contempo quantomeno l'integrità morale dei propri esponenti. Insomma, spazzare via la nebbia è un vero e proprio pre-requisito: un passo inderogabile per riacquisire un minimo di credibilità.

La ricomposizione del fronte, ovvero la mobilitazione dell'elettorato – "Perché mai, allora, una persona di normale moralità e buon senso, non affiliata a cricche e non foraggiata dai vari Lusi, dovrebbe recarsi festosamente alle urne per deporvi una scheda che, nel migliore dei casi, servirà a far eleggere un piffero indicato dal sinedrio partitico e nel peggiore riporterà a Palazzo gli stessi lestofanti già salvati dalla galera dai loro stessi sodali di casta o tutelati da qualche “innovativa” sentenza della Cassazione". Queste parole del direttore de Il Fatto Quotidiano, Antonio Padellaro, inquadrano con grande precisione la particolare "condizione sentimentale" e l'approccio con il quale gran parte degli italiani si recherà alle urne, "tecnici o non tecnici". Spinte ed inclinazioni con le quali i partiti dovranno necessariamente misurarsi e certamente non soltanto in sede di campagna elettorale. In tal senso la credibilità complessiva della proposta politico – elettorale dei partiti passa come detto dalla eliminazione di ombre e fantasmi, ma anche e soprattutto da una seria riflessione sulla collocazione ideologico – politica e da una chiara definizione di obiettivi, programmi e proposte. E' l'eterno ritorno della questione identitaria che, tanto a destra quanto a sinistra, riveste un ruolo decisivo per gli scenari futuri e che non senza un certo semplicismo, al momento sembra "dipendere" dalla scelta delle alleanze (quando invece dovrebbe guidarle…). In estrema sintesi: chi voterebbe per un partito gestito da una classe dirigente sempre uguale a se stessa, coinvolta in scandali ed indagini, ma soprattutto incapace di incardinare la propria azione intorno a precise e ben definite coordinate politico – ideologiche?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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