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Da Berlusconi a Monti: come cambia il racconto della politica

Il divismo dei parlamentari è cominciato con il Cavaliere? Oppure è un processo in atto ormai da tempo, che anche il rigore dell’attuale premier faticherà a contenere? Fanpage lo ha chiesto a tre esperti in comunicazione: tra televisione, internet e marketing, ecco cosa cambierà e cosa invece resterà uguale sugli schermi di casa nostra.
A cura di Enrico Nocera
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berlusconi e monti

E ora? Quale politica vedremo sui nostri schermi televisivi? La transizione dal governo Berlusconi a quello Monti comporterà, fra le altre cose, un cambiamento di stili, di forme e di contenuti nella comunicazione della politica? Certo, i media continueranno a essere strumento e spazio di espressione per un governo di soli tecnici, spogliato (almeno in teoria) da ogni appartenenza politica manifesta. La domanda riguarda i modi. Sul come l’esecutivo si mostrerà ai cittadini dopo la “sbornia” comunicativa del Cavaliere, dove lo slogan creava il contenuto, e non viceversa.

Per comprendere l’entità di questa trasformazione nel modo di raccontare la politica, e il suo auspicabile affrancamento dalle logiche spettacolari che l’hanno contraddistinta finora, ci siamo rivolti a tre specialisti in materia. Partiamo, quindi, dall’inizio. Dall’epoca in cui la politica è diventata fenomeno di massa, teatrino mediatizzato, terreno di coltura dove allevare futuri “divi” del Parlamento. Epoca di molto anteriore alla nascita del politico Berlusconi e del berlusconismo, secondo Christian Ruggiero, giovane ricercatore in sociologia del giornalismo alla “Sapienza” di Roma. “La spettacolarizzazione della politica è cominciata negli anni ’60 e ‘70 – assicura Ruggiero – Che questa cessi d’improvviso con un tratto di penna è impossibile da pensare. Non è la mediatizzazione della res publica. Berlusconi ha introdotto qualcos’altro”. Per capire cosa, ascoltiamo le parole del ricercatore ai microfoni di fanpage.

La politica in tv – Christian Ruggiero

Come nasce la "telepolitica", e perchè questo è un fenomeno irreversibile che neanche Monti potrà cancellare

Questo ciò che ha portato, da un punto di vista “comunicativo”, Silvio Berlusconi alla presidenza del Consiglio. Imperativi commerciali che venivano applicati alla politica in virtù di un immaginario condiviso da molti italiani. Questa logica della vita pubblica come prodotto del Mulino Bianco ha però assunto, nel tempo, dimensioni paradossali, fino a rendere lo politica un giochetto fra amici dove chi si mostrava più accattivante la spuntava. Deriva cui soprattutto i media hanno contribuito, in virtù di quelle connessioni commerciali che hanno reso la spettacolarizzazione, in atto dagli anni ’60, un processo pressoché irreversibile. Eppure qualche spiraglio potrebbe aprirsi. Il governo Monti farà ritornare lo Stato a quel rigore che lo distingueva fino all’avvento del piccolo schermo? È ciò che abbiamo chiesto al professor Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale (ex Facoltà di Scienze della Comunicazione) della “Sapienza” di Roma.

Fra politica e avanspettacolo – Mario Morcellini

Un atteggiamento più rigoroso dei media, oltre che degli stessi politici. Con Monti, secondo il sociologo, la spettacolarizzazione diminuirà in favore della concretezza

Una riduzione del “discorso sul discorso sulla politica” che equivale a un minor dispiego di parole e slogan in favore delle decisioni da prendere per risanare economicamente e socialmente il Paese. Questa l’ottimistica opinione del professor Morcellini, che ha quindi individuato un rapporto simmetrico tra la minor centralità della televisione e la crisi del berlusconismo (pur consapevole che il Cavaliere non si accontenterà di essere "il secondo sulla scena"). Ma non ci si illuda: il processo, che pure avverrà, non sarà né veloce, né indolore. Questa la previsione di Bruno Ballardini, pubblicitario, docente e scrittore. L’autore di “Gesù e i saldi di fine stagione” ci parla di questa transizione Berlusconi-Monti che chiude un’epoca senza aprirne un’altra ben definita. Il discorso sulla comunicazione, nelle parole di Ballardini, è strettamente collegato a quello culturale. Per Ballardini, il berlusconismo mediatico ha creato modelli che nemmeno Monti riuscirà a scalfire. “Non spetta a lui – ci dice – compiere questo processo di recupero culturale. Ci vorranno decenni per ricostruire sulla macerie che Berlusconi ci ha lasciato”. Nessuna previsione affrettata. Solo la consapevolezza di un governo tecnico che sarà comunque esposto alle insidie della politica: “L’ex premier ha giù detto che le decisioni di Monti dovranno passare sotto l’autorizzazione del Pdl. Ciò è profondamente antidemocratico. Dimostra solo che lui – afferma Ballardini all’inizio della nostra intervista, riferendosi a Berlusconi – è uno che non sa perdere e che non vuole farsi da parte”. Ma lasciamo la parola allo stesso pubblicitario, in esclusiva per fanpage.

Il dopo Berlusconi – Bruno Ballardini

Un diverso modo di comunicare la politica significa anche ricostruire la cultura di un intero paese

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