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Stop al cambio da lire a euro: “Così lo Stato ha guadagnato 1,5 miliardi”

Il governo di Mario Monti bloccò prima del previsto la possibilità di convertire le vecchie lire in euro. E così lo Stato italiano si trovò nelle casse qualcosa come 1,5 miliardi. Ora un giudice del Tribunale di Milano sostiene che quella decisione fu anticostituzionale.
A cura di Redazione
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Cambiare le banconote e le monete dalle vecchie lire all'euro non è più possibile in Italia già da qualche anno. Per dieci anni chi aveva denaro nel vecchio conio poteva recarsi ad una filiale della Banca d'Italia ed effettuare il cambio. Lo disponeva una legge, la 289 del 2002 che consentiva fino al 28 febbraio 2012 per coloro che avessero posseduto lire di potuto ottenere la conversione. Qualche mese prima di questa scadenza, ed esattamente il 6 dicembre 2011, il governo guidato da Mario Monti, con due righe in un articolo di un decreto legge (l'articolo è il 26 e il dl è il 121) scrive la parola fine sul cambio: "Le lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell’Erario con decorrenza immediata – dispone il decreto legge – e relativo controvalore è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnato al fondo per l’ammortamento dei titoli di stato”. In pratica: quei denari sono finiti a pagare i debiti dello Stato. Qualche giorno fa il giudice del tribunale di Milano, Guido Vannicelli, ha ritenuto illegittimo quest'articolo, in deroga alla legge del 2002 sostenendo che avrebbe "violato il principio di affidamento e di certezza del diritto". Il giudice milanese sostiene che il governo italiano avrebbe violato gli articoli 3 e 97 della Costituzione, cioè il principio di affidamento e di certezza del diritto. E ora sarà la Consulta a dover stabilire chi ha ragione. In ballo c'è un tesoretto. E la tenuta dei conti pubblici.

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