Linda, in viaggio da sola da 13 anni: “Tutto in uno zaino e mi sposto sempre, è fattibile”

I segnali c'erano tutti: sin da piccola Linda Campostrini ha mostrato una certa propensione per la scoperta, l'esplorazione, una grande curiosità, una forte connessione con la natura. Queste caratteristiche hanno preso il sopravvento molto presto e ha capito di non volere una vita "normale": una casa, una residenza stabile, un lavoro scandito da orari e appuntamenti. Ha cominciato a viaggiare a 19 anni e non ha più smesso, passando da una parte all'altra del mondo con uno zaino in spalla e poca organizzazione, sempre all'avventura. Non si ferma mai molto nello stesso posto: cerca di fare il pieno di esperienze e conoscenze, per poi portare con sé questo bagaglio altrove, un bagaglio ben più pesante e importante di quello che porta sulle spalle. In quello, c'è davvero l'essenziale, senza troppi fronzoli. Il Sud America, la Lapponia, l'Islanda, il Marocco e poi Australia, Nuova Zelanda, Colombia, Francia, Finlandia, Colombia: di ogni posto conserva ricordi preziosi, ogni posto l'ha fatta crescere un po' di più, l'ha portata a comprendere di sé cose che, altrimenti, non avrebbe mai scoperto stando ferma. Viaggiare per Linda è uno stile di vita a tutti gli effetti, una vera e propria filosofia che va di pari passo alla crescita umana e personale. A Fanpage.it ha fatto un resoconto di questi entusiasmanti 13 anni in giro per il mondo.
Cominciamo dall'inizio: quando matura la tua passione per i viaggi e quando inizi a viaggiare in modo consistente?
La mia storia da viaggiatrice inizia più o meno quando avevo 19 anni. Stavo facendo il quinto anno del liceo e mia mamma prende una decisione che mi svolta la vita, ossia quella di andare a vivere in Sicilia. Mi dà tre mesi di tempo per trovare un'altra casa, perché lei si sarebbe trasferita al sud d'Italia e avrebbe iniziato la sua nuova vita giù, sposandosi con un altro uomo. All'inizio per me è stato uno shock, ma nella vita ci sono due alternative: una è farsi abbattere dagli avvenimenti, l'altra è guardare il rovescio della medaglia e reagire, sfruttare quella che magari può sembrare una sfortuna e trasformarla in un trampolino di lancio. Così ho fatto e mi sono detta: "Se devo devo andare via perché non farlo in grande". Ho quindi sfruttato quella possibilità per realizzare il mio sogno, viaggiare. Sono partita per Parigi e non sono più tornata indietro.
Quando hai capito che il viaggio era la tua ragione di vita?
Il viaggio che veramente mi ha svoltato la vita è stato quello in Australia. Ci sono stata un anno: mi ha fatto capire che potevo viaggiare, che il viaggio era alla portata di tutti, che fare vacanze è diverso da fare viaggi.

Qual è la differenza?
Per fare vacanze ci vuole realmente un budget, ci vuole una disponibilità economica. Mentre viaggiare lo può fare chiunque. Io non ho mai fatto una vacanza, ho sempre fatto viaggi: lo amo. Per me è la cosa più bella del mondo, mi fa stare bene ed è fattibile per tutti.
Hai una base che consideri casa?
No, non ce l'ho una base! Mi sposto sempre. Il periodo in cui sono stata più ferma è stato quando sono stata in Australia, ma anche negli ultimi due anni sono stata più ferma, perché mi sono dedicata alla scrittura di un libro che uscirà a febbraio-marzo. Nel frattempo mi sono anche laureata in Psicologia: mi interessa aiutare gli altri, la crescita personale, il mindfulness.

Quando capisci che è arrivato il momento di lasciare un posto alla volta di un altro?
Quando smetto di imparare, perché per me il viaggio è crescita personale. Quello che mi fa continuare a intraprendere queste avventure è la crescita, il fatto di uscire dalla zona di comfort, l'adrenalina, il fare cose che mi stimolano e mi obbligano a scoprire nuovi lati di me, a mettermi in gioco. Sento che impiego il mio tempo per per qualcosa di buono. Ora sono un nomade digitale, lavoro online, ma fare la lavapiatti in Nuova Zelanda, per dire, non mi peserebbe, perché so che è un'esperienza nuova e mi dà qualcosa. Se lo dovessi fare in Italia, non lo farei perché non imparerei nulla.
Ma banalmente, coi bagagli come ti organizzi? Suppongo tu sia abituata a viaggiare leggera per forza.
Adesso con me ho uno zaino di 12 kg, davvero minimal: dentro c'è tutta la mia vita. Ho due cambi al momento: due pantaloncini corti, due magliette, un paio di pantaloni lunghi e una giacca. Letteralmente l'essenziale.

Ora dove ti trovi, in cosa ti stai cimentando?
Adesso sto facendo il Te Araroa, che è un cammino di 3000 km che parte da Cape Reinga, che è il punto più a nord della Nuova Zelanda e arriva a Bluff, che è il punto più a sud della Nuova Zelanda. Dovrei metterci quattro mesi, ma devo sbrigare questioni legate al visto prima!
È un viaggio improvvisato o organizzato?
In realtà io parto sempre all'avventura, quindi anche stavolta ci ho pensato poco e sono partita senza organizzare: infatti ne sto pagando le conseguenze! Avrei dovuto informarmi di più, ma io sono fatta così! Se avessi aspettato avrei dovuto rimandare all'anno prossimo, perché la gente parte da fine settembre fino a massimo aprile. Se avessi sprecato il tempo a informarmi eccetera, avrei perso tempo. Qui è una cosa folle: o la vivi o non lo puoi immaginare! Mi sveglio la mattina, non programmo nulla, poi quando mi fermo o campeggio oppure trovo un camping, oppure trovo una famiglia che mi ospiti. Questa è l'esperienza più estrema mai fatta, siamo proprio al limite. Ieri stavo per chiamare SOS elicottero! Ero finita in un punto dove c'erano tipo le sabbie mobili, una melma, un mix tra fango e sabbia bagnata, quindi si sprofondava. Faceva tipo effetto colla. Ho pensato di morire: "Non ne esco se la marea si alza e il mare mi investe". Panico! Ci ho messo 2 ore ma alla fine ce l'ho fatta.

Come sempre, sei da sola…
È questa la difficoltà: che sono sola. Se ci fosse qualcuno sarebbe mentalmente un po' meno faticoso. Per i viaggi normali non mi pesa affatto, è tutta un'altra roba, sono super abituata ormai. Ma questo è considerato uno dei trekking più duri al mondo per mille ragioni: ci sono cose tecniche e logistiche che io non conosco, quindi per me è tutto nuovo. Io poi vivo molto molto bene il fatto di viaggiare da sola, ho una mentalità molto ottimista. Poi certo: in Marocco, Africa, Giordania o posti islamici è un po' più delicata la situazione. Lì sono stata un po' più attenta, però non ho mai avuto grandi problemi.
Da sola hai fatto anche quattro volte il giro del mondo in autostop…
Io faccio queste cose che ai miei occhi sembrano impossibili per dimostrare a me stessa che invece sono possibili. Quella mi sembrava così tanto fuori dalla mia portata che l'ho fatta quattro volte alla fine. È stato bellissimo.
Qual è il Paese che ti è rimasto nel cuore?
La Nuova Zelanda. La gente di qui, assieme ai giamaicani, è il popolo più accogliente dell'universo, li sto amando. Ma anche l'Islanda è uno dei miei Paesi del cuore, con Canada e Australia.

E l'Italia in tutto questo dove si posiziona?
Con l'Italia ha un rapporto un po' difficoltoso. Rappresenta le mie radici, lì ho la famiglia, torno ogni tanto, ma non sprizzo gioia da tutti i pori!
La tua famiglia ha accettato questo tuo stile di vita, il fatto che, appunto, inevitabilmente vi vediate poco?
Sì e mio papà è il mio sostenitore numero uno. Mi dice: "Sono fiero di te", è contento, sono tipo il suo trofeo.
E tu, pensi a una famiglia, a un'eventuale stabilità in futuro?
Sì, desidero una famiglia un giorno, ma sarà sempre fuori fuori le righe, vivendo fuori dall'ordinario, in maniera alternativa.

Un ricordo positivo e uno negativo di questi anni in viaggio?
Quello negativo è quando a Singapore mi hanno accusata di narcotraffico all'aeroporto. Io non avevo fatto nulla, ma loro avevano dei sospetti su di me. Poi lì nessuno ti dà spiegazioni: sembra che io abbia fatto la tratta che a quel tempo facevano i narcotrafficanti di droga, ero stata una settimana a Singapore e poi ero andata in Cambogia. Mi hanno tenuto lì per accertamenti 2-3 giorni, mi hanno tolto tutto, non avevo diritto di chiamare: ero in ostaggio. È stato abbastanza traumatico: avevo solo 21 anni. Il ricordo positivo, e quando ci penso mi viene da piangere, è l'amore che ricevo dalle persone, sempre pronte ad aiutarmi.
Cosa significa per te viaggiare?
Viaggiare va di pari passo con la crescita personale: impari sul campo, strada facendo, a ogni incontro, in ogni Paese. È una metafora della vita che ti insegna, ti apre la mente e ti fa scoprire lati di te stesso che ovviamente stando a casa non potresti conoscere. Ma ti fa scoprire anche la cultura e i lati umani di un altro posto. Viaggiare è una scuola di vita.